Palermo, lo spettro del dissesto: l’ultima sfida del Professore - Live Sicilia

Palermo, lo spettro del dissesto: l’ultima sfida del Professore

Il sindaco Leoluca Orlando e la sua eredità
PALAZZO DELLE AQUILE
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PALERMO – Un finale così “movimentato” probabilmente non l’avrebbe immaginato nemmeno lui: il Comune sull’orlo del dissesto, una maggioranza ormai implosa, un’ultima campagna elettorale da affrontare da candidato al consiglio o addirittura da padre nobile di un centrosinistra che parte in svantaggio. Sta di fatto che il 2022 rischia di rivelarsi come l’anno più difficile per Leoluca Orlando, sindaco di una Palermo sommersa dai problemi e sul ciglio di un burrone fatto di conti in disordine, partecipate in difficoltà, uffici ridotti all’osso, strade colabrodo, cimiteri stracolmi, cantieri sparsi, traffico impazzito.

Uno scenario assai diverso a quello del 2000, quando il Professore si dimise per tentare la scalata (non riuscita) alla presidenza della Regione: Palazzo delle Aquile, all’inizio del millennio, godeva di floridi bilanci e l’eco della Primavera contribuì ad alimentare la fama del primo cittadino che nel 2012, infatti, riuscì ad imporsi senza fatica conquistando una maggioranza bulgara. Un successo ripetuto nel 2017, sebbene in compagnia dei tanto odiati partiti, ma comunque una vittoria a primo turno che confermava il “tocco magico” del sindaco.

Immagini che oggi sembrano solo un lontano ricordo, di fronte alle tante emergenze che col Covid c’entrano poco o nulla. Accanto a innegabili successi come il rilancio del Teatro Massimo, le pedonalizzazioni, il percorso Unesco, la Ztl, Manifesta e il titolo di capitale della Cultura, ci sono anche problemi che in dieci anni sono rimasti tali senza che Orlando sia riuscito a risolverli, nemmeno in parte. La differenziata è inchiodata al 20%, la Favorita non ha cambiato volto, la riscossione delle tasse è ben lontana da quel 75% che nessuno capisce come si dovrebbe raggiungere e la macchina amministrativa, un tempo serbatoio di voti, oggi ribolle: i part-time vogliono l’aumento delle ore e le categorie più basse le progressioni verticali, mentre sulle partecipate poco sembra essere cambiato con Amat che batte cassa, Rap che fa fatica a mantenere pulita la città e Reset in fibrillazione.

Orlando sa bene che i pochi mesi che lo separano dalle prossime Comunali saranno decisivi per la sua eredità politica: appesa la fascia tricolore al chiodo, i palermitani potranno ricordarlo come il sindaco che ha riscritto la storia della città o come quello che l’ha lasciata in dissesto e con tasse schizzate alle stelle. Una sfida che il Professore sta affrontando con il piglio di sempre e con qualche inaspettato successo: il matrimonio con il Pd di Enrico Letta e i buoni rapporti con il M5s, ma anche le relazioni da sempre intessute con il centrodestra, hanno consentito al capoluogo siciliano di incassare, fra Decreto fiscale e Legge di bilancio, decine e decine di milioni di euro su cui nessuno avrebbe scommesso.

L’obiettivo finale è quello di evitare non solo il dissesto, ma anche un piano di riequilibrio che il Ragioniere generale ha bocciato e su cui i Revisori hanno espresso più di una perplessità, al di là dei toni trionfalistici della giunta: il piano si regge solo sugli aiuti romani e sull’aumento delle tasse (Irpef in primis), per il resto si tratta di buone intenzioni difficili da realizzare nell’immediato. Per non parlare dei tagli alle partecipate, su cui le bacchettate sono state assai più dolorose per il rischio che poi vengano compensati coi debiti fuori bilancio. I dipendenti comunali sono scontenti, gli uffici in subbuglio e questo potrebbe rendere il percorso del piano molto incerto anche fra i banchi dell’ex maggioranza.

L’optimum per il Professore sarebbe poter chiudere il bilancio 2021, lasciando al successore l’onere di tappare i buchi, ma anche un piano di riequilibrio approvato senza troppi patemi gli consentirebbe di concludere il mandato in modo relativamente sereno. Lo spettro è il dissesto e Orlando dovrà dimostrare di saperlo evitare, gestendo poi una campagna elettorale con Pd e M5s sull’onda delle cose buone fatte nell’ultimo decennio e provando così a immaginare un personalissimo prosieguo della carriera politica che, in caso di dissesto, si fermerebbe invece in modo traumatico.


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