Sicilia, da Roma a Palermo: tutte le sfide del 2022 - Live Sicilia

Sicilia, da Roma a Palermo: tutte le sfide del 2022

Un anno importante per la politica isolana.
GLI APPUNTAMENTI
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PALERMO – L’agenda politica del 2022 è fitta di appuntamenti e date da cerchiare in rosso. Lo sanno bene i principali king maker della politica siciliana impegnati da mesi in una delicatissima guerra di posizione. 

Roma chiama Palermo

Le tappe salienti del 2022, tutte legate a doppio filo tra loro, sono tre: l’elezione del Capo dello Stato, le amministrative di Primavera e la corsa a Palazzo D’Orleans.  “L’inverno sta arrivando” e intrecciano le trame per il voto del Presidente della Repubblica che potrebbe innescare cambiamenti imprevedibili destinati a scardinare l’attuale quadro politico. Lo scenario del voto anticipato (che consentirebbe di rimescolare le carte e considerare nuove caselle utili in termini di paracadute per qualcuno), che fa gola ai leader di vari partiti, sarebbe nei fatti ostacolato dallo spirito di sopravvivenza di diversi parlamentari collocati a diverse latitudini degli emicicli di Camera e Senato. Complice la riduzione dei parlamentari, la pattuglia dei battitori liberi che voteranno senza seguire gli ordini di scuderia pare si rimpingui di ora in ora. Dall’esito della partita si saggerà la tenuta delle coalizioni. Fare una previsione non è cosa facile, ma di certo dalla partita per il Colle passano a livello carsico anche gli accordi per le prossime tornate elettorali. 

Amministrative e regionali: la tenuta delle coalizioni

E soprattutto, una volta chiuso il match, si dovrà giocare a carte scoperte in vista dei successivi appuntamenti con le urne: le amministrative (con gli occhi puntati su Palermo, ma anche su Messina se il sindaco De Luca manterrà la promessa di dimettersi i primi di febbraio) e le regionali. Una previsione senza paura di smentita la si può fare: la metafora della Sicilia come laboratorio politico sarà di certo abusata. Eppure, il laboratorio politico siciliano è in gran fermento. A partire dalle operazioni in vista del voto palermitano con un centrodestra che non riesce a trovare la quadra (in attesa che arrivi una indicazione romana), un centro che scalpita per fare da ago della bilancia e un centrosinistra che deve fare i conti con gli strascichi della fine dell’era Orlando. Il mantra rimane: definire il perimetro delle coalizioni, individuare un candidato e mettere in moto la macchina organizzativa. Lo stesso vale per la corsa autunnale di Palazzo d’Orleans. 

Partiti nel caos

“Bisogna avere un caos dentro di sé, per generare una stella danzante” diceva il sommo filosofo. I partiti siciliani al momento sembrano avere seguito soltanto la prima parte della massima ed è la confusione da farla da padrona. La soap opera del candidato alla presidenza viene trasmessa ormai da mesi a reti unificate. Nel centrodestra Musumeci , tra un viaggio romano e l’altro per chiedere la mano di Giorgia Meloni, conferma la volontà di ricandidarsi e i suoi alleati, Miccichè in primis, lo arginano chiedendo, a più riprese, un maggiore coinvolgimento dei partiti della coalizione. Un tira e molla che rischia di logorare il campo conservatore. In attesa di una quadra nazionale, lontana dall’arrivare. Nel frattempo i centristi di vecchio e nuovo conio restano alla finestra sperando di tornare ai fasti della celeberrima politica dei due forni. E poi c’è la variabile Cateno De Luca. Il primo cittadino di Messina continua a confermare la volontà di dimettersi per diventare “il sindaco di Sicilia” se la candidatura di Musumeci resta in campo. Le divisioni del campo avversario fanno gola alla truppa giallorossa (che spera in un effetto “Crocetta”) che però, sulla scorta dell’insegnamento del Romano Prodi di Corrado Guzzanti, resta ferma, come un semaforo. Nessun effetto “carpe diem”, insomma. Claudio Fava conferma, un giorno sì e l’altro pure, la propria disponibilità a scendere in campo, gli alleati nicchiano. Dem e pentastellati coltivano l’ambizione di avere il candidato alla presidenza ma devono fare i conti con la tenuta delle rispettive formazioni. Il Pd attende un segnale da Roma e parafrasando l’Armadillo di Zerocalcare si conferma cintura nera di come si schivano le decisioni. Il Movimento Cinquestelle non è da meno e, in assenza di un referente regionale, al tavolo delle trattative può ambire al massimo a vestire i panni di Secco (“Annamo a pijà un gelato?”). Saranno le primarie il mezzo per dirimere la questione? La domanda li devasta. 


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