Reddito di cittadinanza, 5 denunce: c'è anche la moglie del boss NOMI - Live Sicilia

Reddito di cittadinanza, 5 denunce: c’è anche la moglie del boss NOMI

I carabinieri hanno scoperto mafiosi o parenti di mafiosi che percepivano indebitamente il contributo dello Stato.

CATANIA – Due su cinque dei mafiosi o familiari di mafiosi indagati dai carabinieri per indebita percezione del reddito di cittadinanza sono paternesi. Una è Rosaria Arena, la moglie del boss di Paternò ‘Turi u porcu’ Salvatore Rapisarda recluso al 41bis. La donna è detenuta per una condanna definitiva per associazione mafiosa: fa parte della stessa cellula mafiosa del consorte, alleati stretti dei Laudani di Catania. L’altro è Pietro Puglisi, vertice del clan “Alleruzzo-Asssinnata-Amantea”, sempre della cittadina di quel famigerato triangolo triangolo della morte degli anni 80 e 90. Quest’ultimo è stato arrestato nel blitz Sotto Scacco che ha decapitato le tre correnti mafiose paternesi appartenenti alla famiglia di Cosa nostra. Puglisi, detenuto,  sta affrontando il processo a Catania. Un altro denunciato che ha un passato con sentenze passate in giudicato per mafia è un ‘componente del gruppo di Picanello’ del clan Santapaola, Salvatore Scuderi. Concludono l’elenco altre due donne “che hanno richiesto e ottenuto il beneficio, per conto dei propri coniugi, – scrivono gli inquirenti – pur essendo anche quest’ultimi gravati da sentenze di condanna definitive per associazione di tipo mafioso”. Precisamente si parla di “appartenenti rispettivamente al “gruppo di Picanello” della famiglia “Santapaola-Ercolano” e al clan “Morabito-Rapisarda”, attivo nel comune di Paternò e articolazione locale della famiglia “Laudani”. 

Andiamo alle indagini. I Carabinieri della Compagnia di Paternò, assieme ai colleghi del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Catania, hanno denunciato i cinque soggetti, mafiosi o familiari di mafiosi, poiché “gravemente indiziati di aver percepito indebitamente il reddito di cittadinanza, utilizzando dichiarazioni mendaci e omettendo informazioni dovute”. L’indagine è stata avviata d’iniziativa (come si dice in gergo, ndr) ed è stata approfondita la posizione di alcuni cittadini “percettori di erogazioni pubbliche da parte dello Stato, nel caso di specie del Reddito di Cittadinanza”. Gli accertamenti “sono stati prioritariamente indirizzati ad indentificare quelle persone che, seppur in carenza dei requisiti richiesti dalla normativa di settore, risultano usufruire ugualmente, direttamente o indirettamente, dell’erogazione del reddito di cittadinanza”.

“Il beneficio, concesso a richiesta dei cittadini, – spiegano i carabinieri – è subordinato ad una serie di requisiti da possedere cumulativamente all’atto della presentazione dell’istanza e per tutta la durata del beneficio. Nello specifico, colui che lo richiede e i componenti del nucleo familiare del richiedente, nei dieci anni precedenti, non devono essere stati condannati (con sentenze irrevocabili) per reati, tra gli altri, di associazione di tipo mafioso o truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche”. I cinque soggetti non avrebbero avuto quindi i requisiti. L’importo complessivo riscosso indebitamente, a vario titolo tra marzo 2020 e lo scorso settembre, è di oltre 48.000 mila euro.  L’Inps., che ha confermato l’importo, su delega della Procura della Repubblica di Cataniaha revocato immediatamente il beneficio e avviato le necessarie procedure di restituzione di quanto illecitamente percepito. 

Questa non è la prima operazione in tal senso. Solamente nell’anno 2021 sono stati scoperte 149 persone che, a vario titolo, con false attestazioni, hanno indebitamente goduto delle somme di denaro pubblico destinate loro per un ammontare complessivo di oltre un milione di euro. Ad esempio lo scorso aprile, su delega della Procura Distrettuale etnea,  i carabinieri hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo delle carte di reddito di cittadinanza nei confronti di 76 soggetti. Tra questi anche alcuni “uomini d’onore” di Cosa nostra. 


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