Sicilia, l'affare dei termovalorizzatori: 7 imprese in corsa

Sicilia, termovalorizzatori: l’affare fa gola, 7 imprese in corsa

Scaduto il bando per la manifestazione di interesse. Si procederà con il project financing
BANDO REGIONALE
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PALERMO – Si sono fatte avanti in sette. Sette società sono interessate a realizzare due termovalorizzatori in Sicilia. Il bando della Regione era scaduto, dopo una proroga, lo scorso 31 dicembre.

Il dirigente generale dell’assessorato ai Rifiuti, Calogero Foti, può solo confermare che sono arrivate sette buste con la manifestazione di interesse. Spetterà al Nucleo di valutazione, nominato dalla stessa regione, vagliarle. Un ulteriore passo in avanti nel progetto per smaltire la quota residua dei rifiuti non differenziati.

Alla prima scadenza, fine agosto scorso, non erano pervenute domande. A fine novembre, invece, una quindicina di aziende si mostrarono interessate, ma chiesero più tempo. Tempo concesso dall’assessore Daniela Baglieri e ora scaduto.

Del progetto si conoscono solo le grandi linee. Gli impianti devono avere una capacità di smaltire fra le 300 mila e le 450 mila tonnellate all’anno. Saranno due, uno in Sicilia occidentale (Agrigento, Caltanissetta, Palermo, Trapani) e uno nella parte orientale (Catania, Enna, Messina, Ragusa, Siracusa). Non sono stati ancora individuati i luoghi dive saranno realizzati.

Di sicuro si procederà con il project financing. E cioè l’amministrazione pubblica, in questo caso la Regione, indice la gara, gli imprenditori interessati raccolgono intorno a sé altri soggetti disposti a prendere parte all’iniziativa, presentano i progetti che prevedono non solo la realizzazione ma anche la gestione dell’opera.

La Regione potrebbe riservare la partecipazione nel capitale sociale ad una società in house o a totale partecipazione.

L’affare rifiuti certamente avrà fatto gola a operatori italiani e stranieri (che devono comunque appoggiarsi ad un operatore economico italiano). Non ci sono tempi brevi in vista. Dall’assegnazione dell’appalto serviranno almeno tre anni per la realizzazione. La prima domanda, forse quella che in interessa di più, è dove tutto ciò avverrà. A indicare la località saranno le stesse imprese nei progetti.

“Apriamo una nuova stagione che consentirà alla Sicilia di liberarsi finalmente dalla schiavitù delle discariche e allinearsi alle più avanzate Regioni del Nord”, disse Musumeci il giorno che annunciò la pubblicazione del bando, scatenando le reazioni delle opposizioni.

Ora sono arrivate le manifestazioni di interesse. Passo in avanti in una terra, la Sicilia, dove la parola termovalorizzatore evoca i fantasmi del passato. Se ne parla da decenni come unica soluzione all’emergenza rifiuti. Che poi se è eterna che emergenza è? Discariche piene e strade invase dalla mondezza sono purtroppo una costante. Così come le inchieste: dove ci sono soldi, lì si annida il malaffare. E sono tanti gli scandali, vecchi e nuovi, che hanno riguardato i signori delle discariche.

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A lanciare l’idea dei termovalizzarori nel 2003 fu Totò Cuffaro, allora governatore e commissario per l’emergenza rifiuti, che aggiudicò a quattro società consortili la convenzione ventennale per il trattamento dei rifiuti.

Un affare da diversi miliardi di euro che prevedeva la costruzione di quattro impianti a Palermo, Augusta, Casteltermini e Paternò. Si formarono quattro Ati costituite da Elettroambiente, Enel produzione, Emit, Amia, Catanzaro Costruzioni; Falk, Actelios, Amia, Emit, Consorzio Asi Palermo, Aser, Gecopre e Safab; Dgi Daneco, Waste Italia, Siemens, Technip Italy, Db group, Altecoen; Elettroambiente, Enel produzione Altecoen tecnoservizi ambientali, Pannelli impianti ecologici. Nel luglio 2007 la procedura fu annullata da una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Il bando non era stato correttamente pubblicizzato, serviva cioè maggiore trasparenza.

L’Agenzia regionale risolse i contratti. Gli originari affidatari – vale a dire le società consortili Sicilpower, Tifeo Ambiente, Palermo Energia Ambiente, Platani Energia Ambiente – fecero partire dei contenziosi. Nel 2009, nel frattempo presidente della Regione era diventato Raffaele Lombardo, che ripartì con una gara e poi con una procedura negoziata. Entrambe si chiusero con un nulla di fatto. Nel 2010 il governo Lombardo annullò l’intera procedura, sollevando due questioni: l’illecito collegamento tra i raggruppamenti volto ad alterare la concorrenza e il rischio di infiltrazioni mafiose.

Nel 2013 il Tar, respingendo un ricorso contro l’annullamento del bando, parlò di offerte preconfezionate “a tavolino” in accordo tra i diversi raggruppamenti. Dopo l’annullamento c’è chi chiese i danni. Il nuovo governatore, Rosario Crocetta, chiuse un accordo transattivo che non prevedeva esborsi a carico delle parti.

Nel 2010, però, Pier Carmelo Russo, assessore all’Energia del governo Lombardo, aveva presentato un dossier alla magistratura. La Procura un’inchiesta ipotizzando i reati di abuso di ufficio, corruzione e turbata libertà degli incanti aggravate dall’articolo 7, previsto quando c’è di mezzo la mafia. Una quarantina di persone, fra politici, amministratori e imprenditori, finirono nel registro degli indagati.

Le indagini si chiuderanno con l’archiviazione nel merito dell’ipotesi corruzione, mentre la prescrizione aveva cancellato ogni possibilità di occuparsi dell’eventuale turbativa d’asta, anche se forti erano i sospetti che ci fosse un patto illecito. Sospetti rimarcati anche dalla Commissione regionale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti.

Ora la procedura riparte. Siamo solo all’inizio. Sette società sono interessate all’affare.


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