Palermo, "Lagalla-Cascio", "lite Tantillo-Milazzo": il boss parlava di politica

“Lagalla-Cascio”, “la lite Tantillo-Milazzo”: il boss parla di politica

Il candidato finito in carcere si difende. IL VERBALE

PALERMO – Pietro Polizzi si difende. Non ha chiesto i voti al boss dell’Uditore Agostino Sansone. Non gli ha promesso favori in cambio del suo appoggio elettorale. Parlavano di politica. Questo sì, ma al bar come fanno mille altre persone.

Discutevano su chi fosse il candidato più forte fra Roberto Lagalla e Francesco Cascio, quando quest’ultimo non aveva ancora fatto un passo indietro spianando la strada all’elezione dell’ex rettore. Parlavano della lite fra due consiglieri e recordman di voti e di altri che avrebbero solo fatto finta di essere all’opposizione di Leoluca Orlando.

Insomma Sansone era attento alle dinamiche politiche, ma – così sostiene Polizzi, in carcere da due settimane – senza alcun interesse illecito. Il verbale di Polizzi, depositato in versione integrale agli atti dell’inchiesta, inizia dal giorno in cui ha conosciuto Sansone.

“Il discorso della Saguto”

“Circa quattro anni fa – racconta – quando è successo il discorso della Saguto e hanno ridato i beni al signor Sansone e io quel giorno montavo di cassa”. La “cassa” è quella di Riscossione Sicilia, l’agenzia delle tasse di cui Polizzi è dipendente.

A Sansone la sezione Misure di prevenzione del Tribunale aveva restituito una sfilza di immobili: “Si presenta il signor Sansone… siccome ha ricevuto i beni dalla signora Saguto, aveva una trentina di appartamenti affittati e non ha pagato le concessioni governative… aveva una cinquantina di cartelle sul pagamento di questa tassa, più Imu e altre cose. Dice mi può aiutare su questa cosa? Ho detto io sono qua… quando aveva ragione non le pagava e quando aveva torto le pagava”.

“Ma quale riunione…”

Il 10 maggio si rividero al Caf gestito dalla moglie di Polizzi: “Si presentano Porretto (Manlio Porretto braccio destro di Sansone e pure lui arrestato ndr)… c’è l’ufficio pieno di gente… gli dico signor Sansone non è possibile, io c’ho il bordello per ora… questa è la visita che dicono avevamo una riunione… fatta con molta gente e non detto niente di facsimile perché manco li avevo il 10 maggio”.

“Allora sarà l’ufficio tributi”

E il riferimento a qualcuno da incontrare in un ufficio pubblico, evitando di usare il telefonino? Perché tanta prudenza, come se temessero di finire sotto intercettazione. Stavano per chiedere un favore a qualcuno e a chi? “Allora sarà l’ufficio tributi (nel verbale c’è anche il nome dell’impiegato su cui sono in corso delle verifiche ndr)”, ma niente di illecito perché “se mi serviva glielo davo prima l’appuntamento”.

I santini elettorali

L’appuntamento andava fissato dopo le elezioni: “Lui lo sa che sono candidato. Io mai dato un facsimile al signor Sansone e manco al signor Porretto”. I santini elettorali, però, sono stati trovati nella villa di Sansone: “Io non glieli ho dati. Non penso che sia difficile trovarli, anche se viene al Caf sono messi là sopra. Ne ho 450 mila e penso che girano i facsimile”.

Nelle intercettazioni facevano riferimento a qualcuno “fortissimo in tutta Palermo”. Anche su questo Polizzi ha una spiegazione: “Siccome io sono stato candidato sia al Consiglio che alla circoscrizione… gli dico questa volta puoi votare su tutta Palermo”.

“Io per me, tu per me, uno per tutti”

E la frase “se sono potente io siete potenti voialtri?” Un patto siglato in vista dell’elezione a Sala d’Ercole?: “È una frase che io dico spesso. È come dire io per te, tu per me, uno per tutti. È tipo per incoraggiare la gente di dire io sono serio. In questo senso e non nel senso che può essere ambiguo. Io aiuto il prossimo, è una cosa mia aiuta il prossimo e scordatillo”.

Poi racconta come nasce la sua candidatura: “Quattro ani facciamo ‘Palermo merita di più’, un bel gruppo di 300 persone… Eusebio è uno di questi attivisti di Palermo merita di più”. Sta parlando di Eusebio Dalì, vice presidente dell’Ast, legato politicamente a Gianfranco Miccichè. Ci fu un’assemblea e ad alzata di mano si decisero i candidati, “l’accoppiata Polizzi-Mazzarino (Adelaide Mazzarino, moglie di Dalì)… dice con Forza Italia scatta sicuramente il seggio che ne pensi di metterci in Forza Italia? Ho detto guarda io mi otturo il naso e andiamo con Forza Italia”. Adelaide Mazzarino, dopo l’arresto di Polizzi ha scelto di ritirare la candidatura. Sì è detta “sconcertata” e non ha voluto proseguire. Un taglio netto con “queste cose che non mi appartengono”.

In una frase intercettata Polizzi diceva a Sansone “perché con mio zio Eusebio ho fatto un sacco di cose dduoco all’Ast… quando hai bisogno all’Ast”. Sul punto il politico spiega che “non siamo zio e nipote, ci sarà stato qualche errore nella trascrizione… e io non mi ricordo di avere detto queste cose”.

“Il politico messo male”

Polizzi spiega poi un altro passaggio delle intercettazioni, quando parlava di “un politico messo male”: “Siccome c’è stata una lite fra Tantillo e Milazzo – mette a verbale – Tantillo prima era più forte perché era con Milazzo e ora Milazzo è con Fratelli d’Italia… È stato abbandonato perché Milazzo gli ha rubato un sacco di… è stato abbandonato da Milazzo”.

“Il problema Lagalla-Cascio”

E “il problema della vita” che Sansone contava di risolvere grazie a Polizzi? Voleva pagare i debiti degli immobili. Tutto qua. Il presidente dei Gip Alfredo Montalto lo incalza con una domanda che va dritto al cuore della questione: Polizzi si sarebbe detto pronto ad aiutare Sansone se lo avesse aiutato alle elezioni? “No io l’ho liquidato, il 10 maggio (giorno in cui si incontrano in un bar) manco ancora sono ancora candidato… perché il problema Lagalla-Cascio. Se va Cascio io non vado candidato perché Cascio perde. Io ho detto se è Cascio non mi candido, se è Lagalla sì.”

“Fanno finta di fare opposizione”

Ne parlava con Sansone. Parlavano anche di “Tantillo che faceva finta opposizione… dei tre candidati che erano con Orlando e che oggi sono candidati con Forza Italia. Facevano finta di fare opposizione e adattamento. Erano organizzati e infatti ci passavano le cose a Orlando, non è che aveva la maggioranza Orlando”.

Il boss discuteva di politica, come facevano tutti o quasi i cittadini nei giorni caldi della campagna elettorale per le Comunali. Nessun interesse illecito, dice però Polizzi che, così conclude l’interrogatorio, “non abbiamo manco fatto cene elettorali per evitare questo incontro… ho voluto proprio evitare”. Sapeva i trascorsi mafiosi di Sansone e ne temeva il danno di immagine. Una cosa era vedersi al Caf o al bar, un’altra in pubblico. Ed invece per il procuratore aggiunto Paolo Guido e il sostituto Dario Scaletta, li avrebbe legati un patto di scambio elettorale politico-mafioso.


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