“A Belpasso era tornata la paura” |Alla sbarra un soldato di Navarria

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25 Marzo 2018, 13:38

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CATANIA – Hanno fatto piombare Belpasso in un clima di paura e terrore. Carmelo Aldo Navarria, ora pentito, appena è uscito dal carcere ha riportato indietro le lancette dell’orologio. Il killer ha ripreso in mano gli affari dei Santapaola con i vecchi metodi della mafia: violenza, minacce e pistole puntate alle tempie. Estorsioni, furti, sequestri di persona. I suoi picciotti, tra i generi Gianluca e Mirko Presti (anche loro diventati collaboratori di giustizia), avevano preso di mira imprenditori e commercianti che avrebbero dovuto pagare la loro parte per il forziere del clan Santapaola-Ercolano. Il gruppo di Belpasso assicurava una buona fetta di proventi alla cupola catanese di Cosa nostra.

I carabinieri sono riusciti ad accerchiare e sbattere in carcere Navarria e i suoi soldati, che ora sono finiti davanti al Gup. Navarria e gli esponenti di vertice del gruppo di Belpasso saranno processati con il rito abbreviato. Emanuele Di Mauro, invece, è stato rinviato a giudizio insieme ad altri quattro imputati che hanno dei ruoli marginali all’interno dell’organizzazione criminale.

Insieme ai soldati di Navarria avrebbe minacciato un imprenditore specializzato nell’estrazione della pietra lavica per convincerlo a pagare il pizzo. Avrebbero fatto esplodere alcune bombole vicini ai mezzi dell’estrazione. Un avvertimento per costringerlo a piegarsi alle minacce. Avrebbe partecipato all’aggressione nei confronti di un altro imprenditore sempre del settore della lava. E lo avrebbe minacciato: “Ora chiudi, come ti metti apposto e tua sai con cu a parlare (sai con chi devi parlare, ndr) e poi riapri!”. Avrebbe partecipato alle estorsioni nei confronti di un gestore di un parcheggio. E inoltre avrebbe fatto parte del commando che ha bloccato un tir. E che ha letteralmente sequestrato il conducente, che è stato minacciato con una pistola e fendenti e poi legato, incappucciato e abbandonato in una strada isolata.

Ma torniamo all’udienza preliminare che si è svolta davanti al Gup Pietro Currò che ha rinviato a giudizio Emanuele Di Mauro, difeso dall’avvocato Giuseppe Rapisarda. Dovranno affrontare il processo anche gli altri indagati che hanno posizioni meno gravi: Salvatore Carmelo Asero, difeso dall’avvocato Alfio Raciti, Simonetta Battaglia, difesa dall’avvocato Angelo Cassone, Concetta Fichera, difesa dall’avvocato Raciti, e Giuseppe Nicosia, difeso dall’avvocato Francesco Maglione. Il processo si aprirà il prossimo dicembre davanti alla Prima sezione penale del Tribunale di Catania.

Si sono costituite parti civili nel processo le parti offese, Placido Bruno, Daniele Ciccia, entrambi difesi dall’avvocato Giannunzio Rapisarda, Giuseppe Scuderi della Lavica Marmi, l’associazione Antiracket e Antiusura Libera Impresa, entrambi difesi dall’avvocato Riccardo Frisenna, Maria Scuderi, Antonio Pulvirenti, entrambi difesi dall’avvocato Enzo Guarnera, Associazione Antiracket e Antiusura etnea, difeso dall’avvocato Caterina Galati Rando, Vincenzo ed Enzo Caponnetto, difesi dall’avvocato Rosanna Natoli.

I tre filoni dell’inchiesta Araba Fenice hanno permesso di documentare i vili crimini dello spazzino dei Malpassotu, così era chiamato il killer pentito negli anni ’80 prima di essere condannato all’ergastolo. Che è anche tornato ad uccidere appena tornato in libertà. Navarria è processato, con il rito abbreviato, per l’omicidio di Renato Caponetto. L’imprenditore è stato attirato in una trappola mortale, poi ucciso e bruciato.

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25 Marzo 2018, 13:38

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