12 Febbraio 2011, 18:30
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Catania la città dell’iniziativa imprenditoriale. Catania la città dell’industria. Catania la città dei centri commerciali. Ma in quali dimensioni si può accertare il fenomeno delle contiguità tra mafia e imprenditoria? La stessa domanda se l’è posta l’Ance etnea, l’associazione dei costruttori presieduta da Andrea Vecchio, nel corso di un convegno tenutosi stamattina all’hotel Sheraton.
Preso in prestito il titolo di una vecchia canzone di Vasco Rossi i molti ospiti presenti hanno tentato di capire “Cosa succede in città”. A moderare il dibattito la giornalista Rai Maria Cuffaro che ha incalzato Roberto Centaro, vice presidente della commissione giustizia, Giuseppe Lumia, componente della commissione parlamentare antimafia e Pierluigi Vigna, ex procuratore nazionale antimafia.
“Questo dibattito – ha spiegato inizialmente Andrea Vecchio – servirà soprattutto per ascoltare gli addetti ai lavori e capire come gli imprenditori edili si devono comportare, soprattutto quando i grandi gruppi stranieri o del nord vengono a cannibalizzare il territorio, scegliendo chi offre il prezzo più basso come per le discariche e il movimento terra”.
Due interventi tecnici hanno introdotto i lavori: i docenti universitari Maurizio Caserta e Rocco Sciarrone, rispettivamente delle università di Catania e Torino, hanno illustrato le ricadute economiche e sociali della cosiddetta zona grigia. Lo studio del professor Sciarrone ha fatto emergere come, in alcuni contesti come quello etneo, “le capacità imprenditoriali siano valutate positivamente quando si riesce a negoziare con la mafia per l’imposizione per il pizzo”.
“Nella zona di contiguità tra imprenditori e mafia – ha proseguito Sciarrone – ci sono diverse gradazioni di grigio e alcune aree di compromissione sono talmente istituzionalizzate che potrebbero funzionare anche se i mafiosi non esistessero”.
Il dibattito si è acceso quando la Cuffaro ha “beccato” Centaro, di Forza del Sud, sulle iniziative del governo come lo scudo fiscale e il ddl sulle intercettazioni. “I capitali provenienti dall’estero – ha risposto Centaro – possono essere aggrediti. E sulla lotta alla mafia nella sola Catania si è riusciti a scardinare cinque famiglie, grazie al dinamismo degli inquirenti”.
Unanime, alla luce della lista degli “incandidabili” divulgata dal presidente della commissione antimafia Pisanu, è stata la richiesta dei politici presenti nei confronti di una maggiore eticità in politica. “Occorre cacciare subito via queste persone”, ha tuonato Beppe Lumia, “e inoltre occorre fare diventare subito legge il codice etico sottoscritto dai partiti”. Per moralizzare la politica la soluzione è parlare dei suoi problemi, infatti secondo Lumia, occorre “raccontare al paese i dati che emergono dai controlli della commissione antimafia, abbiamo trovato 980 candidati nelle liste con precedenti penali”.
Il vice prefetto catanese Angelo Sinesio ha parlato delle radici della mafia e della sua prosperità in Sicilia: “Qui la criminalità è dura da battere per il siciliano baratta i suoi diritti. Crede che deve ricevere come una cortesia o un favore quello che invece gli spetta per diritto”.
Le proposte più rivoluzionarie sono arrivate dall’ex procuratore antimafia Pierluigi Vigna: togliere la cittadinanza italiana ai condannati per mafia, denuncia obbligatoria per le imprese che ricevono richieste estorsive con una premialità per il denunciante e curriculum penale pubblico di tutti i candidati.
A concludere la discussione l’intervento di Andrea Vecchio, il quale al termine di una lunga analisi e di accorate denunce, come le discariche abusive gestite dalla criminalità presso cui si servono molte imprese, ha chiesto per tutti “un bagno di moralità”.
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12 Febbraio 2011, 18:30