30 Novembre 2015, 13:51
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PALERMO – Stava inseguendo un sogno. Era andato via da Palermo soltanto da alcuni mesi: voleva diventare un grande chef. A maggio aveva trovato lavoro in un ristorante a Roma e non ci aveva pensato due volte a prendere armi e bagagli per realizzare i suoi desideri. Ma proprio nella Capitale ha trovato la morte. Agostino Leone, palermitano di 35 anni, è rimasto ucciso in un incidente sul Grande raccordo anulare, in direzione di Fiumicino.
E’ successo all’alba di ieri mattina, quando la notizia è giunta ai familiari del giovane e si è poi diffusa tra gli amici e i colleghi del capoluogo siciliano in poche ore. Era un giovane cuoco, amava le motociclette, i tatuaggi, la musica rock. Al momento dello schianto si trovava a bordo della sua Harley Davidson 883, compagna di decine di viaggi che aveva portato con sé anche a Roma.
Quell’incidente non gli ha lasciato scampo ed ha gettato nello choc e nello sconforto tutti coloro che lo conoscevano. Agostino diversi anni fa faceva l’animatore, poi aveva aperto un’edicola nella zona di Acqua dei Corsari. La passione per la cucina aveva man mano preso il sopravvento, fino a permettergli di lavorare in diversi locali a Palermo, dai pub ai ristoranti del centro ed anche in un resort a Balestrate. “Si dava sempre da fare – raccontano gli amici – conosceva bene lo spirito di sacrificio e nonostante amasse infinitamente Palermo, questa città lo aveva deluso. Per questo era andato via, ma il suo cuore era qui”.
E due mesi fa non aveva perso l’occasione di tornare a casa per trascorrere le vacanze estive in sella alla sua moto e con i suoi cari. “Quella è stata l’ultima che l’ho visto – racconta Marina Grancagnolo, coordinatrice del club Harley Davidson Palermo – ed ancora non riesco a credere che non c’è più. Con Agostino avevo un rapporto speciale, dietro alla sua corazza a volte incomprensibile si nascondeva una grande bontà. Insieme abbiamo viaggiato, siamo stati a Roma due anni fa per il 110esimo anniversario Harley, un’esperienza indescrivibile a cui volle partecipare nonostante avesse la febbre. La sua passione per le moto e per la cucina camminavano insieme – aggiunge -. I suoi piatti erano squisiti, realizzati con amore e accuratezza. E per lavorare non aveva mai chiesto favori a nessuno, voleva fare del suo meglio da solo e basta. Era orgoglioso, amava la vita, il suo mestiere, gli amici. E mi manca già da morire. Mi mancano le sue contraddizioni, il suo modo di fare, la sua lunaticità che avevo ormai imparato a conoscere bene”.
E in effetti, sulla pagina Facebook del giovane chef palermitano, i messaggi si rincorrono. Sono decine, tra quelle righe si leggono l’incredulità e il dolore. A lasciare un ricordo sono i membri dell’Hgo Palermo Chapter che con Agostino hanno partecipato a gite e raduni, i clienti dei locali in cui aveva lavorato negli ultimi anni, quelli del ristorante di proprietà del fratello Giuseppe. Agostino era molto conosciuto in città. “Finiva di lavorare e in un modo o in un altro lo incontravi – aggiunge Bartolo Chiello -. Per tutti noi se n’è andata una persona preziosa, un ragazzo a cui era impossibile non volere bene. Quel viaggio verso Roma, nel 2013, lo facemmo insieme, chilometro dopo chilometro. Aveva la febbre a quaranta, arrivammo a casa mia a Civitavecchia e lui provò a riposare un po’, ormai delirava, ma ci teneva tanto ad essere lì con noi. Quando cominciò a stare meglio arrivammo fino in Toscana, furono due settimane indimenticabili. L’ho sentito l’ultima volta la scorsa settimana, ci tenevamo sempre in contatto. Mi disse che sarebbe tornato per alcuni giorni a Natale e che avremmo fatto un giro in moto insieme. E invece non ho nemmeno avuto il tempo per dirgli addio”.
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30 Novembre 2015, 13:51