21 Ottobre 2018, 19:34
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PALERMO – La guerra fra poveri si combatte con ogni mezzo. Oggi va di moda cercare un nemico, se ha un colore della pelle diverso è ancora meglio. Più scuro è e meno sporcherà le coscienze. È il cinismo della disperazione, oppure è cinismo e basta.
L’ultima battaglia al grido “mors tua vita mea” si è combattuta alcuni giorni fa in via Giuseppe Savagnone, strada del rione Noce, a Palermo. Le forze dell’ordine sono andate a sgomberare un’ex delegazione comunale occupata abusivamente, dove qualche giorno prima era stata aggredita Stefania Petyx di “Striscia la notizia”.
Mentre il furgone dell’azienda dei rifiuti portava via i mobili, mentre muravano l’ingresso dell’edificio per evitare nuove future incursioni, a poche decine di metri di distanza qualcuno rimarcava la differenza fra “noi e loro”. “Loro” sono i cattivi che aggrediscono i giornalisti, “noi” quelli che li condannano pur condividendone lo status di abusivi. In via Savagnone non abitano solo le tre famiglie sgomberate. Di fronte, infatti, c’è un altro palazzo, anch’esso occupato, da cinquanta persone. Gli è stato intimato di andare via entro dieci giorni, altrimenti anche loro dovranno farlo con la forza.
“Noi non siamo come loro, ci scusiamo per quello che hanno fatto”, continuavano a ripetere. Poi, la frase che è divenuta il tratto distintivo della modernità: “Ti danno le case solo se sei turco”. Le cose non vanno così. A Palermo, la città che nelle vetrina mediatica si vanta di essere accogliente, le case non ci sono né per i palermitani, né per i “turchi” e attaccare un nemico immaginario per il colore della pelle non cambierà la situazione. Iscriversi al partito del “prima gli italiani” non servirà ad accelerare istanze, anche qualora fossero legittime.
Le famiglie che occupano abusivamente un immobile a Palermo sono più di tremila. Come ha detto a Livesicilia l’assessore Giuseppe Mattina mille potranno essere sanate. Per gli altri chissà, si tirerà a campare mentre chi ha presentato una regolare richiesta sa di essere iscritto in una graduatoria per l’emergenza abitativa che non scorre.
“Come promesso giustizia è stata fatta”, ha detto Matteo Salvini il giorno dello sgombero, dopo che il ministro dell’Interno ha spinto sull’acceleratore per ripristinare la legalità. Una legalità che merita molto più dell’esultanza di una frase che servirà ad affrontare e risolvere un caso singolo, ma non l’intera questione. È un inizio, si dirà. È vero, ma sia consentito un certo pessimismo sui risultati futuri.
L’esultanza accende le fazioni, autorizza quel “noi non siamo come loro”, alimenta la guerra fra i poveri che si era già vista in via Felice Emma dove mentre si discuteva se trasferire o meno i rom del campo nomadi in due villette confiscate alla mafia alcune famiglie palermitane le hanno occupate. “Perché i rom sì e noi no”, si chiedevano gli abusivi e qualcuno affiggeva un manifesto con su scritto: “Le case agli italiani”.
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21 Ottobre 2018, 19:34