04 Agosto 2015, 13:17
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PALERMO – “Oggi ci sono in ballo la tenuta del governo Crocetta e quella del Partito Democratico che hanno fatto della ripubblicizzazione del servizio idrico un cavallo di battaglia in campagna elettorale”. A poche ore dalla discussione generale all’Ars sul disegno di legge in materia di risorse idriche, il deputato del Pd Giovanni Panepinto non si nasconde: “Quella che si sta per giocare è una partita seria”.
E a rendere ancora più delicata la posta in gioco, ci sono le diverse le posizioni sul ddl all’interno sia della maggioranza, sia del governo. Da un lato l’assessore all’Energia e ai servizi di pubblica utilità Vania Contrafatto, che ha sollevato dubbi di costituzionalità su alcune norme e teme il commissariamento da Roma. Dall’altro il governatore Rosario Crocetta, che ha manifestato la volontà di sostenere il disegno di legge in Aula.
Sul fronte della maggioranza, l’Udc ha aperto le danze con le dichiarazioni del segretario regionale Giancluca Micchichè al Giornale di Sicilia. L’Unione di centro sarebbe pronta a presentare alcuni emendamenti “che prevedono una gara d’appalto e dunque un ruolo dei privati dove i comuni non sono in grado di gestire in maniera efficiente il servizio”. Miccichè che ha sollevato dubbi anche sullo scioglimento del contratto con Sicilia acque. “Pagheremmo una penale di 300 milioni di euro. Tanto varrebbe comprarsi le quote”.
“Da nessuna parte si parla di scioglimento – replica oggi Panepinto – , ma di una verifica dei contratti in essere. Per ciò che riguarda, poi, la questione di costituzionalità, la Sicilia ha competenza esclusiva in materia di risorse idriche. Non lo dico io, lo prevede lo Statuto. E anche lo ‘Sblocca Italia’ fa una distinzione tra le Regioni a statuto ordinario e a statuto speciale. Quindi a mio avviso non c’è alcun pericolo di incostituzionalità della riforma – ribadisce il deputato Pd -. Oggi l’Ars deve decidere se essere semplice esecutrice di disposizioni nazionali o se rivendicare la propria autonomia statutaria. Non dimentichiamo che siamo di fronte ad un referendum che ha detto ‘no’ alla privatizzazione del servizio idrico – conclude -, e dire che l’acqua è un bene pubblico ma gestibile da privati è una ipocrisia insopportabile. Dobbiamo capire se siamo qui per fare la volontà dei cittadini o meno”.
Sulla stessa linea la posizione del Movimento cinque stelle. “La questione di costituzionalità non la decide il parlamento, ma la Corte Costituzionale. Noi dobbiamo andare avanti per la nostra strada, consapevoli che la Sicilia ha competenza esclusiva in materia e può legiferare in maniera difforme dal resto d’Italia. Senza dimenticare – aggiunge Mangiacavallo – che anche il nostro Statuto è una legge costituzionale. Noi diciamo ‘no’ alla privatizzazione dell’acqua, e questo significa soprattutto due cose: da un lato, con questa riforma, l’acqua diventerà un bene privo di rilevanza economica. Nessuno potrà trarne alcun profitto. Dall’altro, il servizio idrico dovrà essere gestito da enti di diritto pubblico”.
Una battaglia condivisa dal deputato Margherita La Rocca Ruvolo: “L’Udc ha votato il testo in commissione e il nostro gruppo parlamentare non ha presentato alcun emendamento volto a riconoscere ruoli ai privati. Siamo per la gestione pubblica dell’acqua, degli impianti e delle reti, pronti a riconoscere anche l’affidamento diretto ai comuni o a consorzi di comuni. E soprattutto per il riconoscimento di un quantitativo minimo vitale giornaliero che metta fine ai distacchi delle utenze – spiega La Rocca Ruvolo -. È strano sentir parlare l’assessore Contrafatto di incostituzionalità – aggiunge infine -. Mi chiedo perché per gli Ato rifiuti la formazione delle Srr andava bene, mentre per gli Ato idrici non si possa individuare gli ambiti ottimali. Forse perché Renzi non vuole?”.
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04 Agosto 2015, 13:17