Acqua, Roma commissaria | Lo “schiaffo” a Crocetta

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15 Maggio 2015, 06:00

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PALERMO – Vania Contrafatto sarà il nuovo commissario per gli impianti di depurazione in Sicilia. Sarà l’assessore all’Energia indicato in giunta da Davide Faraone e non il presidente della Regione Crocetta a provare a “mettere in regola” i Comuni inadempienti. Inzierà dal Comune di Misterbianco, poi sarà il turno degli altri. Lo ha deciso la presidenza del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per l’Ambiente Gian Luca Galletti. Una nuova puntata del braccio di ferro in atto ormai da mesi tra il governatore e il sottosegretario all’Istruzione. Nel frattempo, però, sempre sul tema delle acque, sul governo regionale sta per piovere un altro, pesantissimo rischio-commissariamento. Il presidente Crocetta sta per ricevere una diffida durissima: se entro 90 giorni la Sicilia non approverà la riforma sulla gestione del Servizio idrico integrato, interverrà lo Stato con i suoi “poteri sostitutivi”. Anche nei confronti dell’Assemblea regionale.

Insomma, Roma è sempre più in Sicilia. E gli spazi di manovra di Crocetta si restringono ogni giorni di più. Dopo il “commissariamento di fatto” rappresentato dalla presenza dell’assessore all’Economia Alessandro Baccei, voluto e inviato dal governo nazionale, continuano a piovere commissari. Persino per i lavori sul viadotto Himera. Dalla Capitale giungono uno dopo l’altro, a limitare l’autonomia del governo siciliano.

Ma la diffida che in queste ore è sul tavolo del Consiglio dei ministri e che nelle prossime ore giungerà a Palazzo d’Orleans è una novità quasi assoluta. E coinvolgerà, di fatto, anche l’Assemblea regionale siciliana. Il potere di approvare le leggi, infatti, spetta pur sempre a Sala d’Ercole. E così, entro 90 giorni (ma l’esecutivo di Renzi sta pensando persino di accorciare questo termine) governo e deputati dovranno mettere già la riforma, esaminarla ed esitarla. Se non vorranno essere esautorati dal governo centrale. Un “potere sostitutivo” previsto dal decreto “Sblocca Italia”. Lo stessa norma che impone alle Regione l’individuazione degli “enti di governo d’ambito”. In pratica i nuovi soggetti che dovranno gestire, in maniera integrata, il servizio idrico. Al momento i vecchi Ambiti territoriali ottimali sono stati solo liquidati e commissariati. Ma nell’Isola, tranne poche eccezioni, non è stato creato il nuovo ente. La Sicilia è già da tempo, insomma, “fuori legge”.

Il 23 dicembre scorso il ministro per l’ambiente ha anche scritto alla Regione. Ha chiesto di conoscere il “provvedimento di individuazione” degli enti che dovranno gestire l’acqua in Sicilia. Ma quel provvedimento non esiste ancora, ha risposto la Regione, con una nota nella quale si precisa soltanto che “non si è ancora concluso l’iter legislativo”. Un iter partito addirittura nel 2013. Quando sono stati sciolti gli Ato e commissariati. Un po’ come accaduto, fatte le debite proporzioni, con le Province.

Una situazione insostenibile, però, stando a quanto scrivono sempre il ministro Gian Luca Galletti e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti nel documento che nelle prossime ore verrà recapitato a Crocetta: “Le funzioni relative alla pianificazione e programmazione degli interventi necessari alla gestione del servizio idrico integrato sono a tutt’ora svolte dai commissari straordinari e liquidatori delle soppresse Autorità d’ambito territoriale, in palese violazione del quadro legislativo nazionale”. Una violazione di legge e un ritardo clamoroso che sta spingendo il governo centrale a intervenire: “L’inadempimento della Regione siciliana – si legge nella nota di Galletti e De Vincenti – riferibile ad ambiti di potestà legislativa esclusiva statale quali la ‘tutela della concorrenza’ e la ‘tutela dell’ambiente e dell’ecosistema’ cui la medesima Regione deve considerarsi assoggettata, pregiudica la tutela dell’unità giuridica e dell’unità economica della Repubblica, nonché la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti della popolazione di fruire di un’erogazione efficiente e continuativa del servizio idrico integrato”. Così, ecco scattare il termine: 90 giorni, non uno in più. Altrimenti ci penserà lo Stato.

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E qui si entra nel merito nella riforma. Le difficoltà nell’esitare la norma è legata anche alle resistenze di “pezzi” di Sala d’Ercole che vorrebbero riaffidare ai Comuni la gestione diretta del Servizio idrico. E con essa la gestione degli acquedotti, degli impianti di depurazione e fognatura, la riscossione della tariffa, gli appalti per le piccole manutenzioni. Una ipotesi non percorribile, secondo il governo centrale, che nello Sblocca Italia ha previsto una gestione diversa che andrebbe portata avanti da pochi soggetti: tre o cinque gestori, a capitale misto o interamente pubblico. O addirittura un unico gestore suddiviso poi in ambiti più piccoli, ma comunque inferiori nel numero ai vecchi Ato (uno per provincia). Il governo nazionale sta già mettendo mano alla “propria” riforma. Adesso sta per scattare il conto alla rovescia. Se il governo Crocetta e l’Ars non approveranno il disegno di legge entro novanta giorni, al loro posto lo farà il governo Renzi. Lo stesso governo che ha già scelto come commissario per i depuratori un assessore di Crocetta. Un governatore che, dai conti all’acqua, si ritrova sempre più con le “mani legate” da Roma.

Le reazioni del Pd

“L’input che il governo nazionale dà alla riforma del servizio idrico in Sicilia è un segnale che non possiamo non cogliere: adesso c’è una tempistica precisa, accompagnata da una spinta politica e istituzionale importante per fare il passo decisivo per sbloccare la riforma. Il ddl può essere esitato dalla commissione Territorio e Ambiente dell’Ars già la prossima settimana: per quel che ci riguarda faremo la nostra parte fino in fondo per portarlo avanti e approvare, finalmente, una riforma che deve tenere conto delle indicazioni referendarie e dei tanti enti locali, movimenti e associazioni che si sono espressi nettamente sul tema”. Lo dicono i parlamentari regionali del PD Giovanni Panepinto, Marika Cirone di Marco, Mariella Maggio, Fabrizio Ferrandelli , Concetta Raia ed Anthony Barbagallo.

L’attacco di Sel

“La nomina del commissario per gli impianti di depurazione è solo l’ultima puntata di uno scontro tutto interno al PD combattuto sulla pelle dei siciliani. Che a gestire questa fase sia l’assessora in quota Faraone, il presidente della Regione o Renzi in persona è questione che interessa gli equilibri interni al PD Siciliano, quello che noi vorremmo sapere è quando i siciliani potranno contare su un servizio di depurazione efficiente e dignitoso, e su questo non sembrano esserci certezze” Così il deputato siciliano di SEL Erasmo Palazzotto che prosegue “Oltre un miliardo di euro era stato assegnato alla Sicilia per rispondere all’emergenza, soldi che in buona parte risultano ancora non spesi per i 94 progetti previsti di cui, ad oggi, appena 14 cantierabili. Denaro che adesso sarà gestito dall’assessora faraoniana con poteri commissariali”  Per Palazzotto -che ad ottobre 2014 aveva presentato un’interrogazione sulla vicenda- quanto sta avvenendo “E’ l’ennesimo capitolo di una gestione politica fallimentare da parte di una classe dirigente che sembra più attenta a farsi i dispetti che a risolvere le emergenze dell’Isola. intanto il rischio concreto è l’arrivo di una multa da 185 milioni. l’ennesima beffa per una regione che non sa spendere le risorse e non riesce a garantire standard europei di depurazione”

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15 Maggio 2015, 06:00

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