04 Settembre 2014, 06:01
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CATANIA – Le immagini della striscia di cocaina sulla motoape registrate dalle telecamere della polizia hanno scosso Adrano. Non ha sorpreso che la città fosse al centro di un fiorente traffico di droga, più volte è balzata agli onori della cronaca per inchieste simili per i reati commessi a quella Binario Morto. Quello che ha lasciato la comunità adranita sgomenta, lo scorso aprile, è stato il modo, quasi sfacciato, con cui si faceva consumo di stupefacenti, senza inibizioni e pudore. Inoltre, i presunti associati ricorrevano, quando necessario, alla violenza e alle minacce. Con l’organizzazione di vere e proprie azioni punitive nei confronti dei trasgressori o dei traditori. I binari della stazione Fce, nel 2012, – come testimoniano i video – erano stati trasformati in una piazza di spaccio. E quello che allarma è la vendita di eroina.
Sono trascorsi appena quattro mesi dall’esecuzione da parte del Commissariato di Adrano dell’ordinanza: la Procura ha già chiuso le indagini ed ha notificato a 25 persone l’avviso di garanzia. Ad Aprile furono arrestati in 27. Il Riesame aveva annullato l’ordinanza per tre indagati: per alcuni difensori non vi erano prove negli atti. Per l’accusa, si legge nell’avviso di conclusione indagini, alcuni di loro sono i componenti di un’associazione a delinquere “finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e, segnatamente, per acquistare, importare, detenere, vendere o, comunque, cedere a terzi sostanze stupefacenti del tipo eroina e cocaina”. Le contestazioni fanno riferimento al 2012. Ma c’è da dire che nel corso del blitz a casa di Giovanni La Rosa sono state sequestrate tre pistole e 60 mila euro. Elementi che fanno presupporre che l’attività illecita potrebbe essere proseguita magari con nuovi metodi e con l’individuazione di altre piazze di spaccio.
I 25 INDAGATI. Biagio Trovato, Nicola Mancuso, Angelo Pignataro, Angelo Arena, Agatino Sangrigoli, Nino Longo, Fiorenza Salvatore, Marco Ravità, Angelo Lo Cicero, Salvatore Longo, Pietro Santangelo, Agatino Armenia, Salvatore Ricca, Alfio Lo Curlo, Nicolò Giarrizzo, Antonino Errigo, Antonino Zammataro, Giovanni La Rosa, Giuseppe La Manna, Valerio Rosano, Gaetano Zignale, Prospero Bua, Francesco Formica, Dario Cantarella, Alessio Magra.
LA STAZIONE DELLO SPACCIO – La zona dismessa della stazione Fce, quella relative ai binari sovrastanti, era stata trasformata in un bazar per cocaina e eroina. Sotto la linea ferrata venivano conservate le dosi di stupefacente da vendere. L’attività illecita era legata ai due gruppi mafiosi di Adrano, che agivano secondo un cartello ben delineato. Secondo gli atti dell’inchiesta, vi erano due “correnti” correlate e collegate tra loro. Uno dei due gruppi era gestito da Nicola Mancuso (Coinvolto nell’indagine sull’uccisione della 19enne biancavillese Valentina Salamone e su cui la Procura Generale ha chiesto l’archiviazione). Il 32enne sarebbe stato sarebbe stato il referente di Antonino Santangelo, figlio del boss Alfio, scomparso lo scorso anno a seguito di un incidente stradale. La seconda compagine sarebbe stata composta dai presunti referenti della famiglia Rosano-Pipituni.
LA PAX TRA I DUE GRUPPI. Il traffico di stupefacenti ad Adrano, dunque, sembrava avere nel 2012 (questo il riferimento temporale delle indagini) due gruppi di riferimento. Quello dei Santangelo e quello dei Rosano, che per “accordo” gestivano, in concorrenza ma in pace, lo spaccio di cocaina. Una “pax” nata dalla promessa che i Santangelo sarebbero stati i monopolisti per il traffico di eroina.
LA PIRAMIDE – “L’associazione – si legge nel dispositivo – sarebbe stata diretta da Trovato Biagio Trovato, Angelo Pignataro e Nicola Mancuso e sarebbe stata organizzata da Angelo Arena”. Quest’ultimo – da come emerge da diverse intercettazioni – aveva il compito anche di controllare la “merce”. E c’era molta attenzione alla qualità. Colorazione e provenienza erano protagonisti dei dialoghi “analizzati” dalla polizia giudiziaria e finiti nell’informativa sul tavolo dei pm della Procura di Catania, guidata da Giovanni Salvi. I Santangelo trattavano “roba buona”. Proprio per bocca di Arena, i poliziotti vengono a conoscenza dell’arrivo di uno stupefacente che definisce allo “zenit”. Droga, così di alta qualità, che la gente sarebbe venuta anche dal “Giappone per comprarla”. Gli altri indagati avevano il ruolo di pusher, corrieri e anche semplice custodi.
LA BIANCA E LA NERA. Le intercettazioni permettono anche di delineare il codice di linguaggio con cui si esprimevano i presunti spacciatori. “La nera” era l’eroina, mentre con la “bianca” identificavano la cocaina.
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04 Settembre 2014, 06:01