Adrano, vecchia stazione |trasformata in bazar della droga

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29 Aprile 2014, 09:38

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Un momento della conferenza stampa tenutasi in Procura

ADRANO – L’operazione, “Binario morto”, è scattata alle prime luci dell’alba ed ha preso il nome dal luogo dove veniva esercitata tutta l’attività di spaccio (ed in parte di smercio) della droga. Con la stazione in disuso della Ferrovia Circumetnea che era divenuta una sorta di gran bazar dell’eroina e della cocaina. Un centinaio di agenti di polizia, decine di Volanti a sirene spiegate ed elicotteri: la scorsa notte la città di Adrano si è svegliata di soprassalto nel tentativo di comprendere cosa stesse accadendo. Quello messo a segno dagli investigatori del commissariato adranita di polizia è stato un durissimo colpo allo stomaco inferto ai presunti affiliati del clan Santangelo. L’inchiesta è durata mesi. E si è snodata attraverso pedinamenti, intercettazioni telefoniche ed ambientali, riprese video: tutte informative dalle quali è stato possibile ricostruire un quadro chiaro e delineato di un business da centinaia di migliaia di euro. Sequestrate anche 6 pistole e 60 mila euro in contanti.

Secondo gli atti dell’inchiesta, sul territorio adranita vi erano due gruppi impegnati nello spaccio della sostanza stupefacente: due “correnti”, comunque, correlate e collegate tra loro. Uno dei due gruppi era gestito da Nicola Mancuso. Proprio quel Nicola Mancuso balzato agli onori della cronaca per via della vicenda legata all’uccisione della 19enne biancavillese Valentina Salamone (questione per la quale lo stesso Mancuso è finito per mesi in carcere) e di recente condannato proprio per fatti legati alla droga. Nicola Mancuso sarebbe stato il referente di Antonino Santangelo, scomparso lo scorso anno a seguito di un incidente stradale, e ritenuto figlio del presunto boss locale Alfio Santangelo. Il secondo gruppo sarebbe stato composto, invece, dai presunti referenti della famiglia Rosano-Pipituni (e del quale è ritenuto reggente Valerio Rosano, figlio di Vincenzo): Giovanni La Rosa e Antonino Zammataro.

A detta degli investigatori, tutto il denaro racimolato sarebbe servito ed impiegato per il mantenimento dei detenuti in carcere affiliati al clan Santangelo e delle relative famiglie. Ed in conferenza stampa, gli inquirenti hanno rafforzato il quadro che si è andato a delineare:

AMEDEO BERTONE (Procuratore aggiunto): “Si è trattato di una importantissima operazione di polizia che ha permesso di smantellare un ingente traffico di droga che riguardava le famiglie Santangelo e Rosano di Adrano. Una indagine che si è protratta nel tempo attraverso diverse intercettazioni ambientali”.

GABRIELLE LI GREGNI (Commissario Adrano): “I binari dismessi servivano a nascondere tutta la droga. C’erano dei turni giornalieri per garantire la vendita della sostanza stupefacente: c’era un “addetto” che a fine giornata venivano a prelevare la mazzetta di soldi. Alcuni pusher sarebbero stati letteralmente bastonati quando vi fu un ammanco di droga: droga che la Polizia aveva in verità sequestrato”.

Le armi e il contante sequestrato

PASQUALE PACIFICO (Sostituto procuratore della DDA): “Tante volte abbiamo fatto ricorso al “ritardato arresto” per permettere che l’inchiesta proseguisse. Una tattica che ha funzionato e che ha portato all’esito di oggi con l’ottimo lavoro svolto dagli investigatori. La famiglia Santangelo commercializzava sia cocaina che eroina. Il gruppo Rosano trattava, invece, solo cocaina. Sono state sequestrate 6 pistole, 5 a casa di Giovanni La Rosa al quale sono stati sequestrati anche 60 mila euro: le armi verranno analizzate. Il giro d’affari era di migliaia di euro al giorno”.

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29 Aprile 2014, 09:38

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