16 Giugno 2024, 09:30
4 min di lettura
CATANIA – La prevista demolizione del Fabbricato Morandi dell’aeroporto di Catania, ha aperto una discussione che trovo decentrata rispetto all’asse delle buone pratiche storicamente conosciute e usate nella trasformazione della città.
In ogni progetto con contenuti edilizi e infrastrutturali, scegliere la maniera con cui utilizzare l’esistente è un punto fermo e antico, probabilmente da rivalutare anche in un periodo della nostra vita in cui la novità sembra che possa derivare solo dalla sequenza consumo, dismissione, consumo.
Ancora prima che un fatto etico, è un fatto economico se con questo termine si intende proprio la maniera ottimale di utilizzare le risorse raggiungendo il massimo risultato e beneficio attraverso il loro minimo consumo.
Il problema del Fabbricato Morandi dell’Aereoporto di Catania non è di salvaguardare la storia o la memoria dell’autore, ma è di non sottovalutare e non dare per scontato che caratteristiche e qualità di uno stato di fatto vengano rese ottimali da una demolizione.
La domanda è: siamo sicuri e sono sicuri i committenti (in particolare il Ministero) che non inserire nel nuovo progetto di ampliamento la grande e suggestiva scatola in cemento sia più conveniente rispetto al risultato che si vuole ottenere?
Che sia conveniente soprattutto per i risultati attesi da un progetto del genere, in cui oltre alla funzionalità vi sarebbero anche memorabilità, originalità e valore iconico? Valori che, quando sono presenti, sono i valori aggiunti economici veicolati, successivamente, come pubblicità, dai passeggeri che transitano in un aeroporto?
Le domande che sto ponendo e proponendo non sono diverse da quelle che si posero i costruttori del Duomo di Siracusa e i tanti cittadini di Catania che hanno trasformato in Isolato Urbano il Teatro Greco Romano della città etnea senza demolirlo.
I costruttori del Duomo di Siracusa capirono che il Tempio Greco, nel continuare a respirare dentro le nuove mura del Duomo, avrebbe realizzato un eterno unicum. Avevano ragione.
I cittadini di Catania, nel costruire palazzi, case e botteghe ritagliandole nel perimetro e dentro lo spazio del Teatro Greco Romano avevano capito che il valore edilizio e ambientale delle loro costruzioni non avrebbero avuto rivali a Catania. E avevano ragione.
In un caso e nell’altro è stata proprio la scelta del riuso a rendere i risultati memorabili e originali, che non sono due aggettivi filosofici o intellettuali ma definiscono dei valori aggiunti economici monetizzabili. Chi scelse di operare in quella maniera, quindi, può essere definito un imprenditore geniale e ambizioso, mentre al contrario sarebbero stato un imprenditore normale e finanche banali
In rapporto al Fabbricato Morandi è questa la questione che si sarebbe dovuta porre. Realizzare un ampliamento che funzioni e soddisfi i programmi di sviluppo, ma che risulti indimenticabile per i passeggeri che vi transitano.
Uno spazio e una esperienza che si distingua, si ricordi, che si sollevi sopra la media degli esempi esistenti, tutti uguali e omologati. Un possibile successo per la Sac e per Catania. Una grande impresa edilizia e urbana, che normalmente parte proprio dal superare e risolvere una difficoltà e non dal cancellarla.
Spero si sia capito che qui non si sta parlando di questioni estetiche, autoriali o intellettuali, ma di cosa sia l’ambizione di curare e aumentare il valore del patrimonio urbano, che non si ottiene mai attraverso scelte semplici e scontate ma accettando le questioni, affrontandole, trasformandole da ostacoli in opportunità, da impedimenti in nuove e inaspettate risorse.
Voglio ricordare a tutti una semplice cosa che spesso ci sfugge. La voglio ricordare alle Istituzioni, alla Sac e ai cittadini. Voglio ricordare che una parte significativa degli abitanti di una città hanno nel patrimonio urbano il solo patrimonio reale di cui dispongono.
Non sono pochi i cittadini che non hanno case, non hanno barche, spesso non hanno auto: che non hanno alcun patrimonio. La città, soprattutto per questi, ma anche per altri, è il solo patrimonio significativo che viene da lontano: è il solo che hanno ereditato, il solo che posseggono ed è il solo che tramanderanno.
Vi sembra poco? Il patrimonio urbano va quindi usato con saggezza, ottenendo sempre di più utilizzando il meno possibile della sua consistenza. Un patrimonio non si spreca, ma al contrario si rivaluta con fatica, capacità e idee.
So benissimo di porre la questione forse troppo tardi, ma sono convinto che abbattere il fabbricato Morandi sia lo spreco di una risorsa utile a quel tipo di progetto, per i motivi che ho provato a descrivere, e se anche verrà demolito, come da programma, vorrei che in futuro si ragionasse meglio di fronte a questioni del genere, senza semplificazioni o manicheismi inutili e ingenui.
Pubblicato il
16 Giugno 2024, 09:30