Aggressione al Comandante Amedolia| La moglie: “Non ci siamo sentiti soli”

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12 Giugno 2018, 11:40

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BRONTE – È ancora in convalescenza il Comandante della Stazione dei Carabinieri di Bronte, il Luogotenente Giuseppe Amendolia, dopo l’aggressione subita nel primo pomeriggio di giovedì. Solo a fine mese, trascorsi i venti giorni di prognosi, potrà riprendere il suo lavoro. Ma da casa, in cui è voluto tornare già l’indomani dopo aver firmato le dimissioni dall’ospedale, sono lui e sua moglie Monica a voler ringraziare i tanti che da subito si sono stretti attorno a loro. Un ritorno, del resto, che non subito si è preannunciato sereno visto il forte giramento di testa, le vertigini e la nausea che, dopo una notte tranquilla, il sabato mattina hanno costretto a un nuovo trasporto prima all’ospedale di Bronte, dove la tac ha dato ancora una volta esito negativo, e poi al Cannizzaro a Catania per una ulteriore visita neurochirurgica dalla quale, però, non emerso nulla, eccetto confermare la normalità dei sintomi dovuti alle forti percosse ricevute in testa.

 

“Non ci siamo sentiti soli”. Così Monica, cercando di non dimenticare nessuno nella sua lunga lista di ringraziamenti. Dal Generale di Brigata Riccardo Galletta, Comandante della Legione Carabinieri “Sicilia”, che domenica mattina ha telefonato per esprimere la sua vicinanza, al Comandante provinciale dei Carabinieri di Catania, il Colonnello Raffele Covetti, che già giovedì, a solo un’ora dall’aggressione, si è precipitato a Bronte seguito poi, il sabato mattina, dal suo vicecomandante,  il Colonnello Mario Pantano, al Capitano Nicolò Morandi, Comandante della Compagnia Carabinieri di Randazzo, da cui dipende la Stazione di Bronte, intervenuto subito sul luogo dell’aggressione, ai Comandanti delle Stazioni limitrofe venuti in visita fino ai militari Filippo Mursia e Giuseppe Bagnato che giovedì erano in sevizio con il Luogotenente e a tutti i carabinieri e le loro mogli che hanno offerto il proprio aiuto. “Inoltre – continua – tengo a ringraziare infinitamente il personale medico e paramedico dell’ospedale di Bronte, nonché la Misericordia, che ha dato il massimo”.

 

Nelle parole di Monica la gratitudine verso un paese che li ha accolti da appena un anno e mezzo. “Posso dire che ormai mi sento parte integrante di questa cittadinanza che ha dimostrato veramente un cuore grande, una grande solidarietà”. Attorno a loro, e stigmatizzando l’accaduto, si è stretto anche il mondo politico. Dal sindaco Graziano Calanna insieme con tutta la sua giunta, all’ex primo cittadino Pino Firrarello, all’onorevole Giuseppe Castiglione. Ma tante anche le persone sconosciute che, racconta la moglie di Amendolia, “mi hanno contattato per avere notizie di mio marito. Ognuno di loro mi ha fatto sentire parte di una grande famiglia. Evidentemente mio marito qualcosa di buono l’ha fatta per la gente di Bronte”. “Quando una donna si prende un carabiniere, questi sono i rischi del mestiere”. A dirlo una moglie che non nasconde l’inevitabile apprensione quotidiana ma, prosegue, “lo fa con passione, lo fa con dedizione. Ama il suo lavoro, indossa la sua divisa con orgoglio e soddisfazione e col peso di una divisa”.

 

“Come mi sento? Non sto tanto bene e non tanto per il dolore fisico, perché quello passa, ma quanto per quello che rimane dentro, l’amarezza di non averlo potuto assicurare [ndr il suo aggressore] quella sera stessa alla giustizia. Ma di questo ci sarà il tempo che sarà testimone”. Così il Comandante Giuseppe Amendolia, ricordando come proprio quel ragazzo “è stato uno dei primi giovani che – arrivato da poco al comando della Stazione – ho proceduto una sera a controllare all’interno di un bar e già in quella circostanza lui aveva manifestato questo senso di tracotanza verso le Forze dell’Ordine”. Dopo, continua, “è rimasto vittima di un grave incidente stradale e io, quando ho saputo chi era, mi sono precipitato per soccorrerlo, tant’è che ho fatto intervenire l’elisoccorso, e mi ci sono avvicinato chiedendogli come stesse. In me c’è anche la parte umana”, puntualizza il Luogotenente che ancora non si spiega “una tanta brutalità nei miei confronti e nei confronti dei miei uomini, anche perché si è trattato di un normale intervento di routine che noi facciamo giornalmente”.

 

Nelle parole di Amendolia, ricordando gli attimi dell’aggressione, un comandante “non deve mandare in avanscoperta i propri uomini, ma deve andare lui. Io quel giorno ho fatto assolutamente questo. Andare io in avanscoperta e ho cercato di proteggere i miei uomini. Quindi è bene che le botte me le sono prese io”. Così il Luogotenente a cui il ruolo dietro la scrivania sta stretto, “perché – dice – devo controllarmi io in prima persona il territorio”. Ed è proprio sul territorio che vuole tornare. “Assolutamente, schiena dritta e fronte alta. Mi hanno piegato ma non spezzato”.

 

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12 Giugno 2018, 11:40

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