Cronaca

Aggressioni e minacce. Palermo, la sanità ‘strappata’ dalla violenza

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09 Ottobre 2024, 06:00

4 min di lettura

PALERMO- “‘Fanno bene quelli che alzano le mani ai medici…’ Ce lo dicono spesso. Frasi che fanno parte di una cultura della violenza nei confronti del personale sanitario ormai dilagante, che mette in pericolo soprattutto chi lavora nelle aree di emergenza”.

Le parole di chi è in servizio al Policlinico di Palermo descrivono una situazione con cui è sempre più complicato convivere. Un mondo che raccontiamo. A Palermo, tra gli ultimi episodi si registra l’aggressione al 118 intervenuta allo Zen dopo un incidente (in foto la vittima, a cui è anche stata strappata la maglietta), ma i pronto soccorso, trincee degli ospedali, sono tra i luoghi in cui i medici e infermieri vengono più colpiti.

Geraci: “Sfogano rabbia e frustrazione”

Aggressioni, tensioni, sovraffollamento. Massimo Geraci, primario del pronto soccorso del Civico, parla di “disfunzioni presenti a tutti i livelli del sistema sanitario, che nelle aree di emergenza si manifestano in modo drammatico”.

A contribuire, secondo Geraci, sono la rabbia e la frustrazione di chi non riceve le adeguate risposte da altri setting assistenziali. “Il paziente arriva spesso al pronto soccorso perché non è stato assistito precedentemente in modo adeguato. Si ritrova in un contesto in cui c’è un criterio di priorità e vive con ansia le attese, dando vita a reazioni che diventano imprevedibili”.

Massimo Geraci

“Il pronto soccorso non è un ufficio pubblico”

Tutti i pronto soccorso vengono infatti considerati ormai degli uffici pubblici – prosegue – ma così è la sua stessa funzione che viene messa in discussione. Il rapporto medico-paziente è oggi pregiudicato, c’è una domanda da parte dell’utenza inappropriata, proprio perché non trova risposta in altre aree. Per questo – sottolinea Geraci – le criticità si manifestano nelle aree di emergenza, ma si generano altrove”.

Quello di Geraci è anche un appello ai cittadini: “Dovrebbero essere consapevoli del definanziamento subito dal sistema sanitario pubblico da un ventennio a questa parte, che ha provocato effetti negativi sul territorio e carenza del personale. Un aspetto che rende ancora più preziosa la funzione dei pronto soccorso, che si basa sull’emergenza e che fa quindi la differenza tra la vita e la morte”.

“Riprogrammare il sistema sanitario”

E aggiunge: “Il punto è ripartire da una riprogrammazione del sistema sanitario pubblico, che non può permettere che un paziente oncologico, ad esempio, sia mandato al pronto soccorso perché non riceve la giusta assistenza in altri settori”.

“Inoltre è bene considerare che chi lavora ancora nelle aree di emergenza lo fa per libera scelta, per passione. Sarebbe più semplice scappare, ma c’è ancora chi crede nel proprio lavoro e queste risorse umane vanno protette e tutelate, perché scarseggiano sempre di più”, conclude.

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Maniscalchi: “Molti medici scappano nelle strutte private”

“Dello stesso parere è la dottoressa Tiziana Maniscalchi, già al timone del pronto soccorso Covid dell’ospedale Cervello di Palermo durante la pandemia: “Molti medici vanno via dalle aree di emergenza o, più in generale, dagli ospedali pubblici, per andare a lavorare nel privato. Non li biasimo, perché qui la situazione è sempre più pesante”.

La dottoressa Tiziana Maniscalchi

Non solo le aggressioni in strada, come quella dello Zen. Maniscalchi parla di minacce da parte di alcuni utenti quasi quotidiane, di danni agli arredi sempre più frequenti, di tensioni sempre più difficili da gestire e di aggressioni che, in un caso, sono state messe a segno dallo stesso paziente, a distanza di poco tempo.

“Un paziente ha aggredito due colleghi a distanza di un anno”

“L’anno scorso a un collega è stato rotto il naso da un uomo che non voleva attendere il proprio turno. Il medico ha avuto una prognosi superiore ai trenta giorni. Recentemente, quella stessa persona ha colpito un altro collega, senza alcuno scrupolo. Più che con la paura, ormai viviamo con la rabbia”.

“Anche le parole fanno male – dice la dottoressa -. Colpiscono al cuore di chi lavora con passione nonostante gli infiniti problemi e le tensioni. Cerchiamo di gestire le situazioni più critiche, ma non è facile: quando si verifica un decesso in ospedale, spesso decine di persone pretendono di entrare e noi apriamo loro le porte, lanciando il messaggio che tra noi e l’utenza non vorremmo muri”.

“Il nostro lavoro denigrato”

“Si tratta di momenti particolari – spiega – anche perché in quelle circostanze l’attività del pronto soccorso viene rallentata. Ma cos’altro possiamo fare? Ci sentiamo spesso rassegnati e non vorremmo fosse così. Il nostro lavoro è una risorsa preziosa, ma la violenza verbale e fisica lo denigrano puntualmente”.

L’appello dei sindacati

Intanto Cisl, Cisl Fp e Cisl Medici Sicilia hanno lanciato un appello per contrastare le aggressioni ai danni del personale medico e sanitario: “Si predispongano subito presidi negli ospedali siciliani. E si dia il via alla riorganizzazione della rete ospedaliere e di medicina del territorio, partendo dall’aumento del tetto di spesa per l’assunzione di nuovo personale”.

“Occorre rafforzare le misure di sicurezza all’interno dei nosocomi, soprattutto nei pronto soccorso e nei reparti più a rischio, attraverso la presenza di personale di sorveglianza adeguato e l’installazione di sistemi di controllo efficaci”.

Vanno implementati i protocolli di emergenza per la gestione immediata di situazioni di violenza, garantendo la tutela legale e psicologica degli operatori aggrediti. Chi lavora per la salute non deve rischiare la propria. Continueremo a vigilare a mobilitarci affinché ogni singolo lavoratore, medico e sanitario, possa operare in condizioni di dignità e sicurezza”. E dal 118 arriva anche il racconto di chi vive con l’incubo che ogni soccorso si trasformi in aggressione: “Serve più sicurezza”.

Pubblicato il

09 Ottobre 2024, 06:00

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