30 Gennaio 2017, 06:13
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PALERMO – Hanno incendiato le loro case. Le loro auto. Li hanno affrontati con una roncola in mano, all’ingresso del municipio. Hanno persino creato delle pagine Facebook per intimidirli. I sindaci siciliani sono nel mirino. Della malavita, organizzata o meno. Al centro di tensioni e spesso di gravi pericoli, per le loro azioni contro la mafia o contro gli interessi in alcuni settori caldissimi come ad esempio quello dei rifiuti.
“La situazione oggi è insostenibile”, spiega il presidente della commissione Antimafia all’Ars Nello Musumeci. Il deputato nei prossimi giorni istituirà un Osservatorio permanente sugli amministratori minacciati e chiederà la convocazione di una seduta d’Aula per affrontare questo delicatissimo argomento.
Intanto, uno di questi sindaci è andato via. Pasquale Amato, sindaco di Palma di Montechiaro, nell’Agrigentino, si è dimesso cinque giorni fa. Non ha resistito, dopo anni di tensione, alla mancata approvazione del bilancio di previsione del Comune e alla richiesta di una mozione di sfiducia. Aveva retto, invece, nel 2014, a quattro lettere intimidatorie e a minacce di vario tipo. La sua colpa? Quella di avere avviato la demolizione di molte case abusive del Comune e di essersi battuto perché la gestione dell’acqua tornasse pubblica. Storia sotto certi aspetti simile a quella di Angelo Cambiano, primo cittadino di Licata, a pochi chilometri da Palma. Lui per il momento resiste. Ma le intimidazioni ai suoi danni sono state tante. Compreso un incendio che ha distrutto la casa di campagna del padre. “Sono stanco” aveva ammesso, lamentando di essere stato lasciato solo. Lui, sindaco che stava solo provando a far rispettare la legge. Anche a costo di buttare giù le tante case abusive di Licata.
Due casi, tra i tanti. Perché sono anche i numeri a destare preoccupazione. Nel 2015, infatti, i sindaci e gli amministratori vittime di intimidazioni sono stati addirittura novantuno.. Persino in crescita rispetto all’anno precedente quando erano stati registrati 70 casi. “La Sicilia – denuncia Musumeci – è la regione con il più alto numero di amministratori locali minacciati. Un clima che rende sempre più difficile il loro lavoro e che alimenta tra la gente una crescente sfiducia verso le istituzioni”. Per questo, serve un segnale. “Malgrado questo triste primato, – prosegue il presidente della Commissione antimafia – tanto il governo regionale quanto le forze politiche presenti nell’Assemblea di Sala d’Ercole non hanno finora avvertito la necessità di mettere in agenda l’allarmante fenomeno. Il mese scorso, intervenendo dalla tribuna d’Aula, ho chiesto alla presidenza dell’Ars di dedicare un’apposita seduta del parlamento all’angoscioso tema degli amministratori sotto tiro, non solo per farli sentire meno soli ma anche per approntare, magari di concerto con il governo centrale, alcune misure preventive atte a neutralizzare la dilagante piaga”.
E il lungo elenco di amministratori minacciati è anche un’unica storia di paura. A Niscemi, nel Nisseno, ad esempio, la giunta è da tempo oggetto di intimidazioni. Un anno fa, il sindaco Francesco La Rosa era pronto a dimettersi: qualcuno aveva avvelenato i suoi cani. Pochi giorni dopo sono arrivati i danneggiamenti all’auto del vicesindaco e poi una bottiglia incendiaria contro quella di un assessore. Il motivo: “Abbiamo deciso di costituirci parte civile in tutti i processi contro la criminalità. Abbiamo creato una associazione antiracket. Ho paura, ma non indietreggio” ha infine deciso il primo cittadino. Ad Avola, nel Siracusano, pochi giorni fa un uomo ha fermato il sindaco Luca Cannata all’ingresso del Municipio, brandendo una roncola: chiedeva un sussidio e un lavoro. Un’aggressione simile quella subita nel luglio del 2015 dal sindaco di Comiso Filippo Spataro. La colpa del sindaco? Quella di voler montare un palco in una zona sgradita all’aggressore: “Non fare montare quel palco lì perché vi dò fuoco” la minaccia denunciata dal primo cittadino.
Risale al 2014 ad Alimena l’attentato incendiario contro l’auto della moglie del sindaco Alvise Stracci. Da lì, una escalation di violenze e minacce. Nell’aprile del 2015, invece, una bomba carta è esplosa nei pressi dell’auto del primo cittadino di Acireale Roberto Barbagallo. Una intimidazione che fece il paio, in quell’occasione, con quella rivolta al deputato regionale Nicola D’Agostino. Poco distante e negli stessi giorni, ad Aci Castello, un uomo, chiaramente alterato, poi finito in manette, ha minacciato il sindaco Filippo Drago: “Taglierò la testa a te e tuo fratello se non sistemi la strada davanti casa mia”. Solo esempi. Che si aggiungono alle minacce rivolte al sindaco di Montevago Calogero Impastato, che ha visto andare a fuoco le sue due automobili, o alle intimidazioni rivolte al sindaco di Siculiana che hanno scelto le moderne strade del web. La creazione di un falso profilo, cioè, dall’esplicita intestazione, “A morte il sindaco di Siculiana”, raccoglieva, fino a poche settimane fa, infatti minacce contro Leonardo Lauricella.
“Mi sento in pericolo, sovraesposto: temo che il prossimo obiettivo sarò io”. Così diceva invece nel maggio scorso il sindaco di Troina, Sebastiano Venezia. Erano le ore successive all’attentato mafioso nei confronti del presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci. Anche Venezia ha provato a rompere il giocattolo nelle mani della cosiddetta “mafia del pascolo”, alzando i prezzi dei terreni agricoli sfruttati per drenare fondi dell’Unione europea e obbligando alla presentazione delle certificazioni antimafia. Quanto basta per “guadagnare” minacce e intimidazioni. E dai terreni della mafia, al business dei rifiuti il passo è breve. “Questo settore è nelle mani di Cosa nostra” ha denunciato il sindaco di Adrano, Giuseppe Ferrante alla commissione sulle Ecomafie. Anche a lui hanno bruciato la macchina. Auto vandalizzata, invece, quella del sindaco di Biancavilla Giuseppe Glorioso. Esempi, dicevamo. Di una lista troppo lunga.
“Nella seduta di mercoledì della Commissione Antimafia – annuncia allora Musumeci – proporrò la istituzione di un Osservatorio regionale finalizzato a monitorare gli episodi di violenza che di volta in volta si registrano nell’Isola a danno dei rappresentanti pubblici. Lo dico con la proverbiale schiettezza: avverto una scarsa sensibilità nei ‘piani alti’ della politica, a Palermo come a Roma, su questa disarmante realtà. Si fa finta di non capire che gli enti locali sono i primi presidii di democrazia sul territorio, a prescindere dal colore politico di chi li guida. Non tutelarli con prontezza e convinta determinazione sarebbe una sconfitta per lo Stato e quindi per ciascuno di noi”.
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30 Gennaio 2017, 06:13