12 Gennaio 2016, 06:33
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BIANCAVILLA – Biancavilla piomba (nuovamente) nell’incubo della guerra di mafia. La “pace” è durata meno di tre mesi, ma l’agguato programmato è fallito. Questa volta nel mirino c’era Pippo L’avvocato, così è conosciuto negli ambienti criminali Giuseppe Amoroso. Domenica sera lo hanno speronato mentre era in sella al suo scooter e poi gli hanno sparato alcuni colpi di fucile al fianco. Resta da capire se i sicari hanno voluto lanciare solo un avvertimento al 44enne che secondo gli investigatori è organico al clan Toscano Mazzaglia. Curriculum criminale e anche legami di famiglia consolidano le ipotesi degli investigatori. Intanto il fatto di sangue è finito dritto nel fascicolo della Direzione Distrettuale Antimafia che coordina le inchieste scattate dopo l’omicidio di Alfredo Maglia, crivellato nel 2013. Indagini che portarono a sventare almeno due delitti già programmati un anno dopo: l’operazione Garden fermò una vera e propria azione militare in risposta alle uccisioni che in pochi giorni misero a ferro e fuoco le città di Biancavilla e Adrano. In un forno furono trovati kalashnikov e mitragliatori: le cimici piazzate dagli inquirenti non lasciarono scampo alle nuove leve della cosca di Biancavilla. Una sequela di vendette e regolamenti di conti era in atto, ma polizia e carabinieri riuscirono a fermarla. Il blitz ha creato disequilibrio: era necessario riorganizzare le fila all’interno dei poteri mafiosi della città.
Tre mesi di pace dicevamo. Perchè a Biancavilla il 2 Novembre si è tornato a respirare clima di Far West. E quello che più preoccupa è che le pistole fumanti fanno sentire il proprio eco in pieno giorno. Giuseppe Mancari, detto Pippu U Pipi, è sfuggito alle pallottole. Il 67enne era rientrato da pochi mesi in Sicilia per problemi personali. Forse. Pippo Mancari, U Pipi, è stato il reggente del clan Toscano-Mazzaglia-Tomasello almeno fino alla metà degli anni ’80. Alle redini della famiglia (storica alleata dei Santapaola di Catania) ci sarebbe stato insieme a lui Giuseppe Longhitano, conosciuto come U Zizzu, ucciso nel 1992. Mancari forse stava ricompattando le fila della consorteria mafiosa decapitata a colpi di pallottole e di azioni di polizia giudiziaria. E Giuseppe Amoroso potrebbe rientrare in questa lotta per la reggenza della cupola di Biancavilla.
Una lunga scia di sangue è quella che ha per protagonisti i vertici del clan Toscano Mazzaglia: una sequenza di morte iniziata con l’omicidio di Giuseppe Mazzaglia (Fifiddu) nel 2010, continuata con i colpi che hanno crivellato l’uomo di fiducia di “fifiddu”, Roberto Ciadamidaro, assassinato il 23 dicembre 2012 e terminata con l’assassinio di Alfredo Maglia, Nicola Gioco e Agatino Bivona in pochi giorni tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014. Giuseppe Mazzaglia, ritenuto il boss dell’omonima cosca e legato alla famiglia Santapaola, muore sotto i colpi di un fucile a pallettoni. “Fifiddu” invece di restare a casa e rispettare gli arresti domiciliari decise di prendere la sua city car. Una scelta che si è rivelata fatale. Con Mazzaglia morto si creò un vuoto nel vertice che sarebbe stato occupato da Alfredo Maglia solo nel 2012 quando uscì dal carcere. Maglia era finito dietro le sbarre per l’operazione antiracket The Wall. Una reggenza però che a qualcuno di “potere” non è piaciuta. Il 41enne Alfredo Maglia è stato freddato da due sicari nel suo stesso garage ad Adrano. In mano agli inquirenti ci sarebbero delle immagini riguardanti quel delitto che fu solo il preludio di quei due giorni di incubo nel 2014 che portarono alla morte di Agatino Bivona e poi di Nicola Gioco. Quest’ultimo faceva l’autista al boss assassinato Alfredo Maglia. Bivona, invece, era stato lo “chauffeur” di Fifiddu. Quasi una beffa del fato.
Ripercorrendo lo sviluppo degli eventi si arriva al blitz Garden: a febbraio si aprirà il processo che si è diviso in due tronconi, abbreviato e ordinario. I familiari di Maglia furono fermati perché le intercettazioni facevano presagire la fuga. Ma oltre questo si era pronti a sparare e lo si doveva fare in maniera plateale. Enzo Cardillo quando fu arrestato nella casa del padre, che custodiva l’arsenale nel forno, aveva nella tasca del giubbino un colpo in canna. Il bersaglio era un uomo di vertice del gruppo contrapposto alla fazione guidata da Maglia. Ma ripercorrendo le parole degli investigatori nel corso della conferenza dell’operazione Garden salta alla mente un particolare: un omicidio di un boss di rilievo del Clan che viveva al nord doveva essere ucciso. Poi, i sicari si sono sentiti braccati e hanno deciso di non agire. Pippo Mancari era tornato da poco dal Nord a Biancavilla: l’obiettivo, dunque, potrebbe essere stato proprio lo storico boss dei Toscano-Mazzaglia.
Le indagini dell’agguato di domenica sera, dunque, si inseriscono all’intero della guerra di mafia. Una faida a prima vista di epurazione e pulizia interna alla cosca storicamente legata a doppio filo alla famiglia Santapaola. Ma visto che i vertici sono stati decapitati, allora potrebbe esserci in atto anche il piano di un clan rivale volto ad estendere il dominio nel comune di Biancavilla, approfittando della mancanza di un capo forte. Se così fosse gli autori e i mandanti dei delitti sarebbero da ricercare anche tra le file degli altri clan catanesi.
Restano tutte ipotesi, a cui gli inquirenti non rispondono. Dalla Procura si resta in silenzio: “C’è massima attenzione” – ci dicono. Ma intanto a Biancavilla si spara.
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12 Gennaio 2016, 06:33