Agrigento, il sequestro a Maria Barba: le motivazioni - Live Sicilia

Agrigento, il sequestro a Maria Barba: le motivazioni

Ecco perché la procura ha congelato i beni della Onlus.

AGRIGENTO – La Dia di Agrigento ha eseguito un sequestro beni per un valore complessivo di 750 mila euro nei confronti di Maria Barba, 40 anni di Favara, imprenditrice operante nel settore dell’assistenza agli anziani e ai disabili. La donna è indagata dalla Procura di Agrigento per autoriciclaggio e appropriazione indebita. Il provvedimento, firmato dal procuratore Salvatore Vella e dal sostituto Gloria Andreoli, interessa dieci immobili e due conti correnti. Il sequestro è stato convalidato dal gip Micaela Raimondo.

Al centro dell’inchiesta c’è la cooperativa Suami di cui Maria Barba è l’amministratrice di fatto. Secondo gli inquirenti la donna si sarebbe appropriata di 750 mila euro, svolgendo di fatto contemporaneamente il duplice ruolo di compratore e venditore, attraverso l’acquisto da parte della cooperativa sociale di un immobile di proprietà della stessa Maria Barba. Soldi che poi sarebbero stati utilizzati, da qui la contestazione di autoriciclaggio, per operazioni speculative quali  polizze assicurative e investimenti in diamanti.

La Procura di Agrigento ipotizza dunque un utilizzo della Onlus, che in quanto tale non può dividere utili e non può utilizzare beni per finalità diverse, come una vera e propria srl. La cooperativa sociale era già finita al centro di delicate inchieste, sfociate poi nelle operazioni “Catene spezzate” e “Stipendi spezzati”, su un presunto giro di estorsioni ai danni dei dipendenti. Per questi fatti Maria Barba è attualmente sotto processo. Ed è proprio da questa attività, caratterizzata dalle denunce degli ex lavoratori, che ha origine l’odierno sequestro.

Nel mezzo, però, anche un omicidio. Maria Barba è anche l’ex moglie di Salvatore Lupo, già amministratore di fatto della Suami, ucciso nel giorno di ferragosto all’interno di un bar di Favara due anni fa. Per questo delitto è imputato Giuseppe Barba, con l’accusa di omicidio volontario, padre dell’imprenditrice.

“Questa vicenda può illuminare in qualche modo i moventi del fatto di sangue – ha dichiarato il procuratore Salvatore Vella in conferenza stampa – nel senso che all’origine potrebbe non soltanto esserci un matrimonio finito male ma anche la gestione di un impero milionario.”

Gli fa eco il vicequestore Roberto Cilona, capo della Dia di Agrigento: “ Questo provincia vive una atavica difficoltà nel fare impresa ma ancor più difficoltoso è la denuncia da parte dei lavoratori. Se questa cosa fosse avvenuta per tempo probabilmente si sarebbero interrotte sequenze criminali che tutt’oggi riguardano e contraddistinguono questo territorio.”


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