In scena la Rondine |L’opera contro l’omofobia

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28 Aprile 2018, 14:53

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CATANIA – Una denuncia e un appello: contro l’omofobia e l’intolleranza di ogni genere, contro quell’odio cieco che fa strage di innocenti. È la prima “stazione” di Altrove, la rassegna itinerante di nuova drammaturgia promossa dal Teatro Stabile di Catania: un ciclo di cinque spettacoli nei luoghi storici della città, che s’inaugura con una prestigiosa prima nazionale, La rondine di Guillem Clua, ispirata appunto all’attacco terrorista consumato nel Bar Pulse di Orlando, in Florida. Ma Clua, autore tra i più innovativi e interessanti della scena internazionale, va oltre il folle attentato in cui, nel giugno del 2016, morirono 49 omosessuali, uccisi semplicemente perché si trovavano nel locale, notoriamente frequentato da avventori gay. Nel dramma, il cui sottotitolo è “La canzone di Marta”, risuonano infatti anche le tragedie del Bataclán di Parigi, del lungomare di Nizza, delle Ramblas di Barcellona. In qualche modo, si legge nelle note al testo, “tutti siamo noi, perché davanti ad un attacco indiscriminato tutti siamo vittime, e tutti ci troviamo allo stesso bivio: odio o amore. Il nostro mondo dipenderà dalla direzione che prenderemo”. 

Ad ospitare quest’opera di struggente intensità sarà il Coro di notte del Monastero dei Benedettini (dal 26 al 29 aprile e dal 4 al 6 maggio); nella secolare architettura barocca la potente scrittura del drammaturgo catalano rivivrà nella traduzione di Martina Vannucci e nell’adattamento di Pino Tierno, per la regia di Francesco Randazzo. I colpi di scena incalzano nel duetto tra un’interprete di prima grandezza come Lucia Sardo e Luigi Tabita, tra gli attori più interessanti della sua generazione. Le musiche sono di Massimiliano Pace, i costumi Riccardo di Cappello, le luci di Salvo Orlando. Nella prossima stagione l’allestimento farà tappa a Roma, Napoli, Trieste, Brescia, Palermo, a conferma della rilevanza e risonanza della rassegna curata da Massimo Tamalio. 

Nella pièce s’incontrano due personaggi. Marta, una severa maestra di canto, riceve la visita di Matteo, che desidera migliorare la propria tecnica vocale per cantare ad una commemorazione per la madre scomparsa. La canzone scelta ha uno speciale significato per lui – e sembra – anche per la donna. Mano a mano che la lezione procede, i due personaggi disvelano dettagli del loro passato. Questa verità li obbliga a riflettere sulle proprie identità, l’accettazione della perdita, la fragilità dell’amore, scoprendosi l’uno all’altro, fino al punto che i loro destini saranno uniti in un canto alla vita condiviso. 

Come osserva il regista Francesco Randazzo: “Senza mai essere sentenziosa, ma attraverso un appassionante percorso drammaturgico, questa storia ci dice quanto sia importante non solo l’amare, ma anche e soprattutto la sincerità, l’accettazione dell’altro nella sua verità, e che questa è l’essenza pura dell’amore. In questi tempi che vedono, accanto a progressi sempre più diffusi di riconoscimento di diritti civili finalmente raggiunti, rigurgiti di oscurantismo e violente negazioni, è molto importante mettere in scena storie come quella raccontata da Clua, perché così si può dare al pubblico, e a noi artisti, la possibilità di esplorare le nostre contraddizioni e, attraverso le emozioni, trovare le ragioni per renderci migliori”. 

L’autore Guillem Clua è una delle voci più innovative e versatili dell’attuale panorama teatrale. La critica ha definito il suo lavoro multidisciplinare, con una preoccupazione prioritaria per la struttura narrativa e l’argomento. Il suo obiettivo è sempre quello di raccontare storie e renderle vicine allo spettatore, usando meccanismi di intreccio, commedia o melodramma, ritmo veloce ed elementi di altri media, come la televisione, internet e cinema. La sua formazione di giornalista fa sì che il drammaturgo che è in lui non esiti a scegliere argomenti generati dai titoli della stampa: la guerra in Iraq, il conflitto palestinese, i cambiamenti climatici, i nazionalismi. I racconti che costruisce hanno altresì un livello umano, mostrando conflitti in cui i personaggi si superano in virtù della grandezza di ciò che accade loro.

Gli altri appuntamenti della rassegna “Altrove 2018” proseguirà fino agli inizi di ottobre con un articolato programma incentrato su novità teatrali che indagano tematiche scottanti, odierne eppure universali: dal terrorismo alla mafia, dal cinquantenario del Sessantotto al “fine vita”, passando per la violenza gratuita inflitta ai più umili e indifesi. Gli spettacoli in rassegna sono tutte produzioni del Teatro Stabile di Catania e schierano artisti tutti siciliani: uno sforzo produttivo che a livello nazionale pone lo Stabile catanese tra gli enti teatrali maggiormente attenti alla nuova drammaturgia. Ben due gli allestimenti che andranno in tournée nazionale: il lavoro di Guillem Clua e Storia un oblio di Laurent Mauvignier (19 giugno-1 luglio – Chiesa San Nicolò l’Arena), angoscioso racconto-monologo, affidato a nomi di spicco come il regista Roberto Andò e il protagonista Vincenzo Pirrotta.

Gli altri tre testi sono di autori siciliani: L’ombra di Euridice di Mario Giorgio La Rosa, regia di Angelo D’Agosta (7-10 e 15-17 giugno – Castello Ursino, Corte); Mafia Pride di Salvo Giorgio, regia di Giampaolo Romania (13-16 e 21-23 settembre – Complesso Fieristico Le Ciminiere; 68 punto e basta, ideato e diretto da Nicola Alberto Orofino (27-30 settembre e 5-7 ottobre – Complesso Fieristico Le Ciminiere).

Sarà anche l’occasione per scoprire e riscoprire l’impianto urbanistico: la corte federiciana di Castello Ursino, l’archeologia industriale delle Ciminiere e due luoghi del monumentale complesso benedettino di Piazza Dante, ovvero la Chiesa di San Nicolò l’Arena e il Coro di notte all’interno del Monastero, dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’Umanità. Un’offerta che bene si armonizza nella più ampia stagione estiva dello Stabile, un lungo arco che – complice il clima isolano – si estenderà per oltre cinque mesi. I

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28 Aprile 2018, 14:53

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