“Al pm 20 mila euro per archiviare” | Arrestato l’imprenditore Bigotti

di

22 Febbraio 2019, 07:23

3 min di lettura

MESSINA – I finanzieri del Comando Provinciale di Messina stanno eseguendo due provvedimenti di arresti domiciliari nei confronti di Ezio Bigotti, imprenditore piemontese, presidente del gruppo STI aggiudicatario di numerose commesse della Centrale acquisti del Tesoro (Consip) e di Massimo Gaboardi, ex tecnico petrolifero Eni. Sono accusati di corruzione in atti giudiziari e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale.

Il procedimento è legato all’inchiesta della Procura di Messina, guidata da Maurizio de Lucia, sul cosiddetto “Sistema Siracusa” che, a febbraio dell’anno scorso, ha portato all’arresto di 13 persone accusate di far parte di un “comitato di affari” capace di condizionare indagini e procedimenti giudiziari. L’indagine coinvolse, oltre all’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo, gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore che da mesi collaborano coi magistrati.

L’inchiesta a carico di Bigotti ha ricostruito una serie di illeciti commessi dai due avvocati con la complicità dell’ex pm Longo e di alcuni consulenti della Procura di Siracusa nominati dal magistrato per favorire l’imprenditore piemontese nell’ambito degli accertamenti che venivano svolti su imprese a lui riconducibili dalle Procure di Torino, Roma e Siracusa. Bigotti sarebbe stato “aiutato” anche in sede tributaria all’esito della richiesta di voluntary disclosure avanzata da una società del suo gruppo in relazione ad accertamenti dell’Agenzia delle Entrate.

L’inchiesta ha anche fatto luce su una complessa operazione giudiziaria pianificata dall’avvocato Amara, e realizzatasi grazie alla complicità di Longo, finalizzata ad ostacolare un’indagine svolta dalla Procura di Milano nei confronti degli ex vertici dell’Eni.

Articoli Correlati

In pratica, grazie all’intervento dell’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo, già arrestato per corruzione, l’imprenditore piemontese Ezio Bigotti avrebbe ottenuto l’archiviazione di un’indagine per reati tributari aperta a suo carico. L’inchiesta, inizialmente nata a Torino, venne prima spostata a Roma e poi a Siracusa. E’ quanto emerge dalle indagini della Finanza di Messina che oggi ha arrestato Bigotti per corruzione in atti giudiziari. A raccontare la vicenda ai pm messinesi titolari del procedimento sono stati gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore che, dopo essere stati arrestati nell’ambito di una indagine che ha svelato un comitato di affari che pilotava le indagini alla procura di Siracusa con la complicità di Longo, stanno collaborando con gli inquirenti.

Bigotti, ex titolare del gruppo STI e legale rappresentante della Exitone, era stato presentato da Amara a Calafiore come uno dei suoi migliori clienti. Secondo un metodo consolidato i legali si erano messi a disposizione dell’imprenditore per “sistemare” le inchieste a suo carico. Calafiore ha raccontato ai pm che per la vicenda Bigotti aveva ricevuto da Amara 20mila euro da dare al pm Longo in quattro mazzette da 5mila euro con banconote da cinquanta euro. L’ex magistrato, che nel frattempo ha patteggiato una condanna a 5 anni per corruzione, avrebbe ritirato il denaro, messo in una busta, nel suo bagno privato in Procura.

Le Fiamme Gialle stanno eseguendo perquisizioni nei confronti degli indagati nelle province di Roma, Milano e Torino. Ezio Bigotti era stato già processato a Torino e assolto dall’accusa di millantato credito. La sentenza di primo grado era stata confermata dalla Corte di Appello il 27 marzo 2018. La vicenda risaliva al 2015 ed era legata a un appalto per una infrastruttura, il cosiddetto passante ferroviario di Corso Grosseto nel capoluogo piemontese. Nell’ambito di quell’indagine emerse un’ipotesi di frode fiscale a carico dell’imprenditore; gli atti furono trasmessi per competenza territoriale alla Procura di Siracusa dove, dopo il conferimento di una consulenza contabile, un pubblico ministero chiese l’archiviazione.

*Aggiornamento
“In merito a quanto riportato oggi da alcuni organi di informazione sull’operazione condotta dalla Guardia di Finanza di Messina, Eni precisa che da un esame degli archivi aziendali disponibili non risulta che il Signor Massimo Gaboardi sia mai stato dipendente di Eni né di società del gruppo”. E’ quanto si legge in una nota.

Pubblicato il

22 Febbraio 2019, 07:23

Condividi sui social