Al via l’anno giudiziario fra le proteste| A Catania il ministro Paola Severino

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28 Gennaio 2012, 10:03

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L’anno giudiziario prende il via anche in Sicilia, fra le proteste degli avvocati che disertano le cerimonie, per le liberalizzazioni volute dal governo Monti che aboliscono le tariffe minime, e la presenza a Catania del ministro della Giustizia Paola Severino.

”Spiace dovere osservare che l’ottica prevalente del legislatore, piu’ che di razionalizzare e quindi rendere piu’ efficiente il risalente reticolo giudiziario, sia quella di pervenire a risparmi di spesa attraverso un’imprescindibile operazione di riduzione degli uffici”, ha detto il presidente della Corte d’appello di Catania, Alfio Scuto. Ma il magistrato ha evidenziato anche ”un’intima contraddizione nel sistema: quanto viene risparmiato con una politica di tagli eccessivi ai fondi per l’Amministrazione della Giustizia rischia di essere speso per gli enormi esborsi” come ”indennizzi di riparazione del danno da irragionevole durata dei processi”.

”L’organico della magistratura – osserva il presidente Scuto – e’ segnalato, pressoche’ dappertutto, come inadeguato. Ma, al di la’ dei profili delle singole piante organiche, preoccupa di piu’ la scopertura complessiva del ruolo della magistratura, ‘cronicizzatasi’ ormai in percentuali a due cifre. Nel distretto di Catania, al dicembre dello scorso anno la scopertura era del 15,19%: e specificatamente 14,90% negli uffici giudicanti e 15,96% in quelli requirenti. Nessun rinforzo e’ previsto fino alla meta’ del 2013”. Una citazione, sui costi, anche sul processo civile, che ”costa un punto di Pil l’anno” per ”l’alta litigiosita’ nel Paese”. Il presidente Scuto lancia l’idea di ”limitare la pressoche’ indiscriminata ammissibilità dell’appello” con ”l’introduzione di ‘filtri’ d’ammissibilità”.

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Nel mondo della giustizia c’e’ ”da vincere una sfida nella sfida”: la distanza tra il Sud dell’Italia e l’Europa. Lo ha detto il ministro Paola Severino concludendo il suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Catania. ”Da questo distretto – ha aggiunto il ministro – l’Europa puo’ forse sembrare piu’ lontana, ma il miglior modo per accorciare questa distanza e’ quello di provare a capovolgere l’Italia, a ripartire dal Sud, dalla Sicilia, dalla Calabria, dalla Campania, da citta’ come Catania dove di certo non mancano i problemi ma si puo’ fare affidamento su intelligenze creative e brillanti capaci di proseguire su quell’impegno civile di cui gia’ e’ stata data ampia prova. In Sicilia la criminalita’ organizzata rende diverso e piu’ oneroso il lavoro quotidiano, impone di tenere alta l’attenzione per evitare coinvolgimenti in circuiti di malaffare o peggio infiltrazioni dentro le istituzioni. Qui si vive in prima linea – aggiunge – e i risultati lusinghieri sono stati pagati a caro prezzo dai servitori dello stato. A chi mi chiede chi me lo fa fare, rispondo come Falcone: lo spirito di servizio ”.

A Palermo, invece, comincia con un bilancio a tinte fosche del 2011 la relazione di apertura del presidente della corte d’appello di Palermo Vincenzo Oliveri. Il magistrato definisce quello trascorso ”un anno da dimenticare”, durante il quale ”tra manovre e manovrine, per uscire dalla crisi economica il settore giustizia, e’ stato in prima linea con misure penalizzanti per gli utenti e per i magistrati, categoria professionale alla quale piu’ che a ogni altra sono stati imposti sacrifici economici di rilevante spessore che hanno indotto i piu’ anziani ad affrettare il loro collocamento in pensione”.

Oliveri non risparmia le critiche anche agli attacchi subiti dalla toghe da parte della politica: ”Siamo stati oggetto – dice – di continue ingiurie da parte di personaggi di rango politico anche elevato, sempre piu’ insofferenti verso la legalita” e i suoi custodi e che ci hanno accusati di essere portatori di un ‘morbo giustizialista’ come se in Italia ci si dovesse difendere non dalla corruzione pubblica, non dall’evasione tributaria, non dalla crisi economica, ma dalla giustizia e dai giudici”. La naturale dialettica tra magistratura e potere politico, secondo il presidente della corte, in Italia e’ sconfinata nella patologia. Oliveri parla di ”crisi di nervi”, mentre negli altri Paesi europei ”prevale il rispetto reciproco e la consapevolezza dei propri limiti e delle proprie responsabilita”’.

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28 Gennaio 2012, 10:03

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