29 Gennaio 2016, 06:06
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PALERMO – A distanza di quasi due anni dall’avvio delle indagini patrimoniali è lo stesso pubblico ministero a chiedere il dissequestro dei beni del gruppo Ponte che amministra tre noti alberghi in città. Secondo il rappresentante della Procura, il patrimonio sarebbe inquinato, ma Cosa Nostra non controlla le società che gestiscono gli hotel Astoria, Garibaldi e Vecchio Borgo.
A fare scattare il sequestro, deciso quando la sezione Misure di prevenzione era ancora guidata dal giudice Silvana Saguto – oggi indagata e sospesa – erano state le indagini della finanza, coordinate dalla Procura della Repubblica. Si puntava il dito contro le presunte commistioni fra gli affari dei Ponte e la famiglia Sbeglia, che comprende alcuni componenti già condannati per mafia con sentenza definitiva.
Precisiamo che agli avvenimenti giudiziari è totalmente estraneo il ramo della famiglia Ponte che fa capo all’avvocato Paolo e che gestisce gli alberghi Hotel Politeama, Ibis ex President, Ponte, Saracen, Perla del golfo, Paradise Beach, Grand hotel Miramare”.
Tutto inizia nel 2010 con il sequestro del patrimonio di Francesco Paolo Sbeglia. Il costruttore è stato condannato definitivamente per riciclaggio. Del suo patrimonio faceva parte anche la Cedam, ceduta ai figli Marcello e Francesco. L’amministratore giudiziario nominato dalla Saguto era Gaetano Cappellano Seminara (anche lui finito ora sotto inchiesta; la sua gestione degli alberghi di Ponte ha sollevato polemiche sul suo presunto conflitto di interessi visto che la famiglia Cappellano Seminara ha acquistato l’hotel Brunaccini). Cappellano studiò i bilanci dell’impresa di Sbeglia e mise in risalto i presunti intrecci economici con il gruppo Ponte. In particolare, la Cedam aveva comprato per 1 milione e 900 mila euro il 65% di un immobile in via Emerico Amari, quello che oggi ospita l’hotel Garibaldi, stipulando un mutuo bancario per 3 milioni e mezzo di euro. Lo stesso giorno dell’acquisto la Cedam affittava l’immobile alla F. Ponte. Secondo Cappellano, in realtà, l’immobile sarebbe stato pagato con i soldi provenienti dalle società Vigidas e Ponte spa, entrambe riconducibili alla nota famiglia di albergatori che fa capo a Salvatore Ponte. Non solo, i Ponte avrebbero rinunciato al credito di un milione di euro che vantavano dalla Cedam e si sarebbero pure rivolti alla Costruire Srl degli Sbeglia per ristrutturare il palazzo. Insomma, a trarne vantaggio sarebbero stati solo ed esclusivamente gli Sbeglia.
Di avviso opposto i Ponte. Sono stati loro a mettere a segno un’operazione favorevole: invece di comprare a peso d’oro un albergo in centro lo avrebbero affittato per sedici anni ad un prezzo vantaggioso. Ed ancora: non ci sono prove che nelle società siano confluiti soldi sporchi. “Nel processo non è emerso alcun condizionamento mafioso”, spiega l’avvocato Vincenzo Lo Re, che assiste i Ponte assieme a Remo Dominici, Massimo Motisi e Santi Magazzù.
Adesso il pm Calogero Ferrara chiede il dissequestro. La decisione finale spetta al neo presidente Giacomo Montalbano e ai giudici Luigi Petrucci e Giovanni Francolini.
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29 Gennaio 2016, 06:06