08 Marzo 2017, 17:54
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PALERMO – Un compenso deve essere ragionevole anche se l’aggettivo scompare dalla legge? La risposta rappresenta il cuore dell’inchiesta per peculato che coinvolge Antonio Ingroia e ruota attorno all’interpretazione di una legge nazionale. Legge “abrogata” secondo Ingroia, solo “modificata” secondo i pubblici ministeri.
L’ex pm da amministratore unico della società partecipata regionale Sicilia e-Servizi si è assegnato, con l’approvazione dell’assemblea dei soci (socio unico è la Regione siciliana) due indennità di risultato da 117 mila euro ciascuno a fronte di utili esigui: 33 mila euro nel 2013, 3.800 nell’anno successivo. La legge finanziaria del 2006 in tema di spending review stabiliva che nelle partecipate il compenso lordo annuale per il presidente non poteva essere superiore all’80 per cento delle indennità spettanti al sindaco del comune capoluogo, in questo caso Palermo. Ed ancora: “Resta ferma la possibilità possibilità di prevedere indennità di risultato solo nel caso di produzione di utili e in misura ragionevole e proporzionata”.
Nel 2008 la legge è stata modificata: lo stipendio (nel caso di Ingroia ammonta a 50 mila euro) è sceso al 70% e spariva il passaggio sulla “ragionevolezza”. La prevista e possibile indennità non deve superare “il doppio del compenso omnicomprensivo lordo”. L’interpretazione su cui stanno lavorando i pm, sia contabili che ordinari (l’inchiesta è duplice), è che la ragionevolezza di cui sopra sia sparita solo nelle parole: l’indennità di risultato deve essere, sempre e comunque, ”proporzionata”.
È giusto che Ingroia si sia assegnato, con il via libera del socio unico Regione siciliana, l’indennità di risultato di fronte a utili magri? È corretto che Ingroia abbia sfruttato la “possibilità di prevedere” l’indennità riconoscendosi la massima cifra prevista? Anche sugli utili c’è una divergenza di vedute fra accusa e difesa. Secondo Ingroia, si tratta di utili veri e cioè già decurtati delle sue indennità. Non sono d’accordo i finanzieri della Polizia tributaria.
Fin qui il capitolo indennità, ma il peculato riguarderebbe anche circa 30 mila euro di rimborsi negli anni dal 2014 al 2016. Ingroia vive a Roma e viene a lavorare in trasferta a Palermo. Secondo i pm, gli spetterebbero solo i rimborsi per le spese dei trasporti (aereo, treno etc) e non quelle per vitto e alloggio. Di avviso opposto l’ex pm che si è fatto restituire i trentamila euro con cui ha pagato alberghi e ristoranti. Ha alloggiato in strutture come il Gran Hotel Villa Igiea, l’Excelsior o il Centrale Palace Hotel e mangiato in noti locali della città come il ristorante Sailem al Castello al Mare, Cucina Papoff o La locanda del Gusto. A volte ha consumato pranzi veloci veloci e così la forchetta delle sue spese di ristorazione va da 120 a 13 euro a pasto. E adesso tutte le spese sono finite sotto osservazione dei finanzieri, anche quelle più recenti non oggetto finora dell’inchiesta.
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08 Marzo 2017, 17:54