27 Agosto 2018, 05:02
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CATANIA – Sonia è arrabbiata, oggi più di prima. Lo è perché dal lontano gennaio 1993, sulla morte di Giuseppe Alfano – il padre, appunto – è calata un’ombra fitta. Tutto questo benché il boss Giuseppe Gullotti sia stato condannato in via definitiva a trent’anni di reclusione. L’ex presidente della commissione speciale antimafia al parlamento europeo ha affidato al mensile “S” il suo sfogo. La lunga intervista è stata rilasciata all’indomani della sentenza emessa dal tribunale di Messina che ha condannato Lelio Coppolino e Andrea Barresi per falsa testimonianza in merito alle dichiarazioni rese nel 1996 durante il processo di primo grado per l’uccisione di un giornalista ritenuto evidentemente fin troppo scomodo. Una notizia che tuttavia ha avuto pochi rimbalzi sulla stampa sia nazionale e sia locale.
Condanne che stanno lì a dirci che sulla morte di Beppe Alfano restano ancora fin troppe zone d’ombra da illuminare. Si tratta di una vicenda finita nel dimenticatoio? “Sì, ne sono convinta. Anzi: è una certezza – dice Sonia – Nonostante quelle condanne siano figlie di un contesto che riguarda solo ed esclusivamente la morte di Alfano, in tanti hanno tentato di decontestualizzarle per usarle diversamente. Mi sembra un furto. È invece una condanna importantissima”.
Alfano, un nome finito nell’oblio. Le associazioni antimafia? “Lo hanno dimenticato – dice la figlia – Non è mai stato un caso attenzionato o per il quale valeva la pena spendersi. Per carità, non entro nel merito. Perché ognuno è libero di decidere, di scegliere, per chi battersi”. Beppe Alfano dimenticato anche dall’ambiente politico della destra, dalla galassia ex missina. “È una cosa che ancora oggi, purtroppo, riscontro. Il percorso politico e militante fu chiaramente di destra, non un’appartenenza da intuire o interpretare. Di quel mondo, l’unico che ci è sempre stato vicino è Nello Musumeci. Il resto si è dileguato”.
Una pecora nera. “La schiena dritta di mio padre gli imponeva, prima di guardare alla sporcizia in casa altrui, di scrutare quella in casa propria”, ricorda ancora Sonia Alfano. “Lui denunciò la militanza di mafiosi nell’Msi della provincia messinese. Fu lui a denunciare l’ipotetica candidatura del boss Gullotti negli anni Ottanta per la Fiamma, presentando il caso all’attenzione di Almirante. Per questo fu espulso dal partito. I vertici locali si scagliarono compatti contro di lui ”. L’intervista integrale in edicola sul mensile “S”.
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27 Agosto 2018, 05:02