03 Ottobre 2013, 08:37

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Palermo – ALKESTIS, liberamente ispirato all’omonimo mito classico, una drammaturgia originale di Manlio Marinelli, per la regia di Lia Chiappara, con Giorgia Coco, Matteo Contino, Francesco Gulizzi, Luca Iervolino, Viviana Lombardo, Rosario Sparno ed Enrica Volponi; le musiche sono di Ruggero Mascellino, scene e costumi di Dora Argento, luci di Gianfranco Mancuso.
«Esiste ancora un’idea del tragico nel teatro contemporaneo? – si interrogano Manlio Marinelli, drammaturg, e Lia Chiappara regista del Teatro Libero – ecco questa è la domanda che ci siamo posti  nell’immaginare una nuova Alcesti che rispondesse ai termini della nostra sensibilità, che non apparisse distante dai contemporanei. Non abbiamo creduto fosse possibile ridurre l’operazione ad una vaga ricollocazione storica e culturale del mito della sposa di Admeto, ma abbiamo pensato fosse necessario ripensare il testo dentro la nostra civiltà teatrale, dentro i suoi saperi rappresentativi».
Dunque, Marinelli, compie una ricollocazione spaziale diversa rispetto al mito classico, ambientando l’azione in un luogo- non luogo di una una città, sospesa tra favola e dolorosa cronaca contemporanea, una comunità devastata dalla guerra che si racconta e trepida per il destino di Alkestis, ultima eroina positiva in un mondo che sembra avere smarrito la speranza nella realtà, come il senso del fiabesco.
Come nella tragedia greca, le azioni non avvengono in scena, ma vengono raccontate da personaggi strani e stralunati, degli autentici anti-eroi, scorie di una umanità dolorosa e insieme ridicola, che patisce la condizione assurda dell’uomo che vive senza più alcuna speranza trascendente.
Tirano le fila dell’azione e del susseguirsi degli eventi due figure estranee al mito originale, ma assolutamente calate nella dimensione mitologica più propria della storia: mister Apollon e mister Thanatos, due becchini, che come sacerdoti celebrano la liturgia della decomposizione di una società martoriata e dilaniata da un conflitto perenne. Il mito si traduce in una drammaturgia che segue un pastiche linguistico con continui sconfinamenti nei dialetti e nelle lingue del sud, napoletano e siciliano in primis, per rendere il mito stesso proprio dell’area mediterranea, altresì seguendo la tradizione italiana che mescola il tragico con il comico.

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03 Ottobre 2013, 08:37

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