Alle urne nasce il "destra-centro" | Ora effetto domino su Ars e giunta - Live Sicilia

Alle urne nasce il “destra-centro” | Ora effetto domino su Ars e giunta

I rapporti di forza emersi alle urne possono travolgere le istituzioni regionali. Gli scenari. 

Europee 2019
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Un anno e mezzo fa, quando Nello Musumeci fu eletto presidente della Regione, il centro-destra non era ancora destra-centro. Le liste moderate (Forza Italia, Udc, Popolari-Autonomisti) avevano ottenuto più del 30 per cento, la lista del presidente poco meno del sei e i sovranisti il cinque e mezzo. Da allora, un’era geologica sembra trascorsa. La geografia politica dell’Italia e della Sicilia è stata stravolta. E le Europee hanno messo il sigillo definitivo a questa metamorfosi. Pensare che tutto questo terremoto non produrrà effetti sulle istituzioni regionali è una pia illusione.

Il nuovo centrodestra

Dalle urne delle Europee, disertate quasi da due siciliani su tre (un dato spaventoso su cui bellamente la politica glissa), esce fuori un centrodestra dai rapporti di forza completamente ridisegnati. Non solo a livello nazionale, dove Forza Italia precipita e le estreme di Salvini e Meloni superano insieme il 40 per cento, percentuale che potrebbe tentarli di fare a meno dei berlusconiani in caduta libera, puntando solo agli elettori forzisti. Anche in Sicilia, dove Forza Italia tiene molto meglio grazie anche all’apertura a tutti quei mondi estranei al sovranismo, dai Popolari agli Autonomisti, dall’Udc a Cateno De Luca, la bilancia del centrodestra pende ora molto di più sul braccio destro. La Lega ha sfiorato il 21 in Sicilia, roba che solo un paio di anni fa a dirlo si sarebbero sganasciati tutti dalle risate. Fratelli d’Italia ha fatto sette e mezzo, pescando la matta dei forzisti di destra in uscita. Il 17 della lista forzista, con tutti i moderati dentro, è assai meno del peso della destra-destra, anche nell’Isola.

C’è un nuovo centrodestra in Sicilia, insomma. Un “destra-centro” molto diverso dai rapporti di forza che sono rappresentati all’Ars e nel governo regionale, dove i moderati hanno il pienone di assessori. E da domani bisognerà tenere d’occhio i movimenti a Sala d’Ercole, dove è facile pronosticare cambi di casacca e magari la nascita di nuovi gruppi che ridisegnino anche a Palazzo la mappa della coalizione.

Il neutrale Nello

Nello Musumeci, che a queste elezioni ha scelto la via della neutralità, saluta con soddisfazione la vittoria delle liste del centrodestra, spara qualche siluro ai grillini in caduta libera (in un anno i 5 Stelle in Sicilia hanno perso più di seicentomila voti, un bagno di sangue) e ostenta ottimismo. Tutto molto comodo per chi ha scelto la strada liscia del non pesarsi alle urne. Ma il governatore sa bene che lo scossone interno alla sua maggioranza non potrà non avere ripercussioni sul suo governo. Soprattutto se all’Ars si muoverà qualcosa. I sovranisti potrebbero vedere ingrossare le proprie truppe a Sala d’Ercole: Rossana Cannata, ad esempio, sarebbe pronta a transitare da Forza Italia a Fratelli d’Italia, potrebbe anche vedere la luce un gruppo nuovo di zecca vicino alla Lega. E a quel punto il rimpasto sarebbe inevitabile. Difficile per esempio sarà per i Popolari e Autonomisti mantenere tre assessorati: i seimila voti di distacco inflitti da Milazzo su Palermo a Saverio Romano, per il quale in città erano impegnati ben due assessori regionali (Cordaro e Lagalla), la dice lunga su come si stiano ridisegnando i rapporti di forza interni al centrodestra. D’altro canto, il blocco che si è stretto attorno a Romano ha dato prova di essere combattivo e comunque numericamente molto consistente e questo peserà nei nuovi equilibri. Anche il peso dell’Udc in giunta sarà forse da rivedere. Insomma, c’è da aspettarsi novità, prima a Sala d’Ercole e poi a Palazzo d’Orleans.

Neocentrismo e sovranisti

Il tema politico dei prossimi mesi, è facile prevederlo, è quello sollevato da Gianfranco Micciché. E cioè del futuro di Forza Italia. Che il suo leader siciliano vede lontano dalla Lega, con le note suggestioni neocentriste. “Forza Italia ha saputo proporsi come argine alle derive populistiche e demagogiche di grillini e leghisti – ha commentato a caldo Micciché -. Se questa linea fosse stata tenuta anche nel resto d’Italia, oggi il risultato nazionale di Forza Italia sarebbe stato diverso”. Concetto ribadito da Renato Schifani: “Dobbiamo distinguerci dalla Lega e, come in Sicilia, far capire agli elettori che una Forza Italia non subalterna è vincente. Parliamone”. Sì, toccherà parlarne. Anche ai più riottosi all’argomento. Per esempio quelli del Pd, a cui toccherà prima o poi prendere atto del deserto che alberga alla sua sinistra, rassegnandosi a guardare a destra se non si vuole cercare la difficile strada dell’alleanza coi 5 Stelle. Dice il segretario Davide Faraone – lo zingarettiano Antonello Cracolici ha già aperto il fuoco politico sulla sua segreteria – che è il momento di “lavorare per costruire una casa più grande con tutti quei moderati che nel centrodestra, da ieri, non l’hanno più”.  Due sono le certezze: lì dove i dem hanno provato ad allargare al centro alle amministrative hanno vinto. E lì dove Forza Italia si è tenuta distinta e distante dal Carroccio non è sparita. Se due più due fa ancora quattro, il tema on potrà che essere centrale nei prossimi mesi.


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