Morì dopo l’allenamento in palestra| “Verità per mio figlio Giuseppe”

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12 Marzo 2017, 05:42

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PALERMO – Più di tre anni sono già trascorsi tra speranza ed aule di tribunale. Il dolore con cui convivere non molla la presa, così come la voglia di giustizia del padre e della madre di Giuseppe Lena. Il ragazzo aveva solo vent’anni quando perse la vita dopo un allenamento in una palestra di via Stazzone, nel 2013. Era metà dicembre. Quella notte si concluse nel peggiore dei modi soltanto tre giorni dopo, quando per Giuseppe non ci fu più nulla da fare.

Era giunto in ospedale in seguito a quello che i presenti avevano descritto come una caduta fatale provocata da un malore. Ma sin da subito, i dubbi furono tanti. Basti pensare che l’autopsia eseguita alcuni giorni dopo dal professor Paolo Procaccianti, evidenziò un forte trauma cranico: la cartella clinica parlava di “danno ipossico-ischemico emorragico causato da un corpo contundente”.”Quelle stesse domande non hanno ancora ricevuto una risposta, il nostro dolore non ha ancora trovato conforto nella giustizia – dice Francesco Lena, il padre del ragazzo originario di Cammarata – ma io e mia moglie non perdiamo la speranza. Il processo andrà avanti e ci auguriamo che la verità venga presto a galla. Lo dobbiamo a Giuseppe, alla sua voglia di vivere, alla sua generosità”.

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Una generosità che permise di salvare cinque vite. Giuseppe alcuni anni prima della tragedia si mostrò infatti favorevole alla donazione degli organi. Dopo la tragedia i suoi genitori rispettarono la sua volontà: “Giuseppe era un altruista – prosegue Lena – un ragazzo molto giovane, ma già estremamente consapevole del valore della vita. Vogliamo sapere cosa è successo in quella palestra, il luogo in cui nostro figlio ha trascorso gli ultimi momenti della sua esistenza”.

Per i genitori di Giuseppe, fino a pochi giorni fa, anche il timore che il processo dovesse ripartire da zero dopo la sostituzione del giudice che stava seguendo il dibattimento. Alla sbarra ci sono tre imputati accusati di omicidio colposo: Giuseppe Chiarello, 40 anni, Roberto Lanza, 27 anni – entrambi si stavano allenando con Giuseppe, quella sera – e Giuseppe Di Paola, il proprietario della palestra che non sarebbe stato in possesso delle autorizzazioni che permettono la pratica della disciplina Mma. “Abbiamo vissuto un altro momento terribile – prosegue Lena – ma per fortuna l’iter farà il suo corso, con i suoi tempi. E’ la speranza a darci la forza di andare avanti, continuiamo a lottare in nome di Giuseppe nonostante le difficoltà. Proprio come avrebbe fatto lui”.

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12 Marzo 2017, 05:42

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