24 Settembre 2013, 06:00
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ACIREALE – Tensioni e polemiche per la tragedia che ha colpito l’acese sabato scorso. Mentre continuano le ricerche di Giuseppe Castro, di 53 anni, disperso dopo essere stato travolto dall’acqua del torrente Lavinaio Platani, infatti, montano i rimpalli di responsabilità. Una segnalazione sembrava aver riacceso le speranze, quando un gruppo di persone affacciate sulla costa di Capomulini, hanno comunicato alla Guardia costiera di aver notato la presenza di una sagoma emersa dall’acqua. Ma, una volta giunta sul posto, la Capitaneria ha constatato che si trattava solo di un grosso pezzo di polistirolo galleggiante. Al porticciolo erano presenti anche i familiari di Castro che seguono da vicino le operazioni di ricerche. Il maltempo che domenica ha investito la zona acese, con fortissimi temporali e violente attività elettriche, inoltre, non ha permesso di poter approfondire le ricerche.
Nel frattempo, però, nella cittadina ionica ad Acireale scoppia la polemica sulle responsabilità della mancata messa in sicurezza del letto del torrente per ridurre i rischi con interventi d’adeguamento della sezione del canale, oltre al ripristino degli argini erosi. Proprio nel 2012, il sindaco Garozzo aveva annunciato un finanziamento di 2 milioni e 500 mila euro nel tratto compreso tra le vie Capomulini e Anzalone. Il progetto definitivo era stato redatto dai tecnici dell’amministrazione comunale di Acireale e poi inserito nella graduatoria ammissibile a finanziamento del parco progetti regionale. Le aree oggetto di intervento erano state classificate dalla Regione a rischio idraulico R4 e R3 (il massimo dei livelli previsti). L’intervento era stato pensato al fine di completare quello già finanziato dal Ministro per l’Ambiente, pari ad un milione di euro, che agisce invece su un altro tratto del tracciato del Platani –Lavinaio, dalla foce sino all’intersezione del tracciato con la via Capomulini. Tutto questo proprio per scongiurare episodi simili a quello accaduto nel 1995 quando questo stesso torrente aveva trascinato via con sé un pezzo di strada e un’auto con dentro una giovane donna, poi trovata morta al largo della costa catanese.
Successivamente a quel nefasto evento, nel 1998 il Genio civile eliminò il pericolo realizzando il canalone di attraversamento di via Anzalone, strada che oggi, in quel punto, è sostenuta dal ponte sotto cui scorre il torrente. “Il drammatico episodio accaduto ad Acireale riaccende i fari sulla tematica della regimentazione delle acque di pioggia a causa della loro “mutazione genetica e degli errori del passato compiuti nella modifica degli alvei dei pochi torrenti rimasti – afferma a Livesicilia Catania Agostino Pennisi, già sindaco di Acireale ed ex presidente regionale ingegneri – Sul primo punto dobbiamo prendere atto che non piove più come una volta e che pertanto sono saltati tutti i conti che anche la natura aveva fatto: sono infatti insufficienti anche i torrenti sui quali l’uomo ha influito di meno con interventi a volte scriteriati. Sugli errori occorre prenderne atto e correggerli: sono necessarie quindi la conoscenza puntuale del territorio e le capacità progettuali, non dimenticando ovviamente l’importanza che assume la ricerca delle risorse che ci sono e vanno indirizzate secondo le effettive necessità. L’avere centralizzato infine le progettazioni spostandole sugli Enti Pubblici e punendo ingiustamente i liberi professionisti, ha dato risultati talvolta modesti: il territorio provinciale ha perduto l’apporto delle competenze dei liberi professionisti locali, profondi conoscitori delle emergenze come “il Platani”, i quali dovrebbero tornare a costituire un patrimonio di conoscenze della collettività”.
L’amministrazione, intanto, precisa che gli alvei torrentizi sono di proprietà del demanio regionale e che il Comune non ha svolto alcuna opera di bitumazione del tracciato torrentizio, bitumazione che sarebbe di vecchia data, forse risalente ad alcuni decenni. Puntualizza inoltre che iI fatto accaduto sabato nulla ha a che vedere con quel che accadde nel ’95 poichè, negli anni passati, il torrente veniva guadato dalla via Anzalone e, nel punto di attraversamento, si verificò la tragedia.
Sulla questione interviene, attraverso una nota, anche Carlo Cassaniti, geologo e docente di Normativa Geologica all’Università di Catania: “Il Piano regionale per l’assetto idrogeologico (P.A.I.) ha individuato già nel 2006 (e con l’aggiornamento nel 2011) il torrente Platani come un’area ad alto rischio idraulico (R3 nel tratto di monte e R4 nel tratto che sfocia a mare); inoltre sono presenti anche 2 siti di attenzione che testimoniano la propensione dell’area al rischio geologico. Le bombe d’acqua – continua Cassaniti – fanno morti solo dove l’uomo non rispetta le regole, nei territori ormai cementificati dalla miopia delle amministrazioni comunali che invece di investire in conoscenza e opere di mitigazione, impiegano i pochi fondi a disposizione per sagre, feste e opere pubbliche a “ritorno politico immediato”. Si continua con il valzer delle responsabilità – incalza il geologo – e si continua a morire nelle strade delle nostre città, dove ogni cittadino dovrebbe sentirsi “sicuro” a casa propria. Quando – si interroga Cassaniti – le istituzioni si metteranno insieme per risolvere i problemi e cominciare a negare qualche concessione edilizia in aree a rischio geologico? Quando si aggiorneranno i piani regolatori generali delle nostre città? Quando saranno redatti, aggiornati ed esercitati i piani di protezione civile comunali? Quando potremo dire, dopo un violento nubifragio, meno male che il mio comune ha investito nella prevenzione? Purtroppo, sperando di sbagliarmi, tra un paio di giorni – conclude il geologo – caleranno i riflettori e aspetteremo la prossima disgrazia…”
Intanto, la procura ha aperto un’indagine conoscitiva affidandola al sostituto procuratore Agata Consoli. “Un dovere”, secondol a Procura etnea, considerata la gravità degli eventi e quella, non certo minore, di attribuire la responsabilità della scelta di bitumazione del torrente Platani.
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24 Settembre 2013, 06:00