26 Settembre 2016, 17:01
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PALERMO – Pronti 154 trasferimenti di lavoratori dal call center Almaviva Contact di Palermo a quello di Rende, in Calabria. La notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno qualche giorno fa, con una lettera ai sindacati del settore Risorse umane dell’azienda. La necessità di ricorrere all’articolo 25 (comma 4) del Contratto nazionale per le Telecomunicazioni, che prevede la possibilità di trasferimenti collettivi, risponde alla chiusura della commessa Enel, prevista per il prossimo dicembre. Una possibilità già ventilata dall’amministratore delegato, Andrea Antonelli, nell’ultimo incontro al Ministero per lo Sviluppo economico, dopo una relazione sui dati relativi alle delocalizzazioni, fenomeno che infesta il settore dei call center italiano e per cui Almaviva ha più e più volte chiesto al governo di intervenire legislativamente. Appelli che sono rimasti inascoltati, “anche dalle Istituzioni locali”, sottolineano dall’azienda. Ma i sindacati non ci stanno e promettono battaglia contro una decisione che sa di provocazione ma che “non si può giocare sulle famiglie dei lavoratori”.
“In riferimento alla progressiva riduzione dei volumi di attività della commessa Enel del sito di Palermo – è scritto nella lettera di Almaviva – la cui chiusura, a seguito della conclusione del contratto commerciale con il committente, è prevista per la fine del prossimo mese di dicembre, vi confermiamo l’avvio del piano di phase out dell’intero servizio”. Nella commessa Enel sono impiegati circa il tre per cento dei dipendenti che, prosegue l’azienda, “non possono trovare una riallocazione nella sede di Palermo, sia in virtù degli esuberi già esistenti sulle altre commesse sia in virtù del indisponibilità dei relativi committenti all’incremento delle risorse impiegate, già superiore alle necessità, sui loro servizi”. Si comincia quindi con la prima tranche di trasferimenti che riguarderà 154 persone e, nel dettaglio: 150 addetti/operatori call center, tre team leader e un business manager, “individuati, all’interno della commessa Enel, applicando a tutto il personale della stessa criteri oggettivi di anzianità e carichi familiari”. Destinazione: Rende, in provincia di Cosenza, dove c’è un altro call center Almaviva dove, pare, esistono “fondate prospettive di consolidamento dei volumi di attività in particolare per le commesse Telecom-ASO e Alitalia Italia Consumer”.
DELOCALIZZAZIONI – Come racconta chi ha partecipato all’ultimo incontro di monitoraggio al Ministero, partendo dall’analisi di alcuni dati sull’attività di call center in Albania, l’azienda ha poi sollecitato il Ministero sugli emendamenti all’art. 24bis attualmente al vaglio dei Parlamento. L’ad Antonelli ha riportato al viceministro Teresa Bellanova i dati riguardanti i call center in Albania, dove, secondo l’Istituto di statistica albanese (Instat), grazie anche al basso costo della forza lavoro nel paese, nel 2015 il numero di call center è raddoppiato a 847 imprese, rispetto alle 414 dell’anno precedente, impiegando circa 25 mila lavoratori. Un dato che è stato citato da Almaviva per tentare di dimostrare che, senza un deciso intervento del Governo contro le delocalizzazioni e le gare al massimo ribasso, non c’è possibilità di crescita per il settore in Italia.
IL PRESIDIO – Il clima al call center di Palermo è incandescente. C’è chi, pur di non perdere il lavoro, è pronto a prendere armi e bagagli e partire e chi invece è distrutto all’idea di abbandonare la propria famiglia. Nella sede di via Marcellini i lavoratori non hanno perso tempo e hanno dato vita a un presidio spontaneo di protesta. Anche i sindacati si sono attivati e sono sul piede di guerra. E a chi gli contesta di aver dormito sonni troppo tranquilli dopo la firma dell’accordo di maggio, che prevedeva contratti di solidarietà fino a novembre e cassa integrazione per altri dodici mesi, rispondono che all’ultimo incontro al Mise l’azienda aveva criticato la gestione governativa delle delocalizzazioni, paventando l’ipotesi di trasferimenti collettivi, “ma soltanto come una possibilità, una dichiarazione d’intenti, non una dichiarazione operativa”, come si è dimostrata, poi, con l’invio della lettera da parte delle Risorse umane. “Questo atto – dice Rosalba Vella, Rsu Cgil – ha il sapore di una provocazione, ma non possiamo permettere che l’azienda ingaggi una guerra con il governo col sangue dei lavoratori”.
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26 Settembre 2016, 17:01