Alta tensione a Gela, metanodotto bloccato | “Se l’Eni vuole la guerra l’avrà”

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09 Luglio 2014, 13:02

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GELA (CALTANISSETTA) – Cresce la tensione per la vertenza sindacale al petrolchimico di Gela dopo il rifiuto dell’Eni di riavviare almeno una delle tre linee produttive della raffineria e la conferma della revoca dei 700 milioni di investimenti, che, di fatto, annulla il programma di riqualificazione produttiva concordato un anno fa dalle parti. Stamani, gruppi di lavoratori si sono spostati ai cancelli della consociata dell’Eni, “Green Stream”, con l’obiettivo di bloccare il gas che proviene dalla Libia attraverso il metanodotto sottomarino, fermando l’attività nel terminale di arrivo e di rilancio del metano, destinato alla rete nazionale. Ma già da ieri sera, dopo la rottura delle trattativa, le maestranze gelesi non lasciano transitare più nessuno, nemmeno i turnisti che avrebbero dovuto dare il cambio ai colleghi che hanno lavorato durante la notte. L’orientamento generale è quello di lasciare il posto di lavoro dopo 16 ore di attività, così come prevedono sia il contratto che le leggi in materia. A rischio la sicurezza in fabbrica, dove, anche se gli impianti produttivi sono fermi, sono attivi quelli che producono utilities indispensabili ai delicatissimi sistemi di controllo di apparecchiature, serbatoi macchine. Fra qualche giorno si potrebbero fermare le pompe di estrazione del petrolio dei giacimenti di Gela perché, in conseguenza del blocco del porto e delle spedizioni, i serbatoi di raccolta dei “centri oli” sono ormai quasi pieni. Nel pomeriggio, i sindacati provinciali Cgil, Cisl e Uil decideranno la data dello sciopero generale con cui chiameranno la popolazione a una manifestazione territoriale a sostegno della vertenza Gela.

“Se l’Eni vuole la guerra a Gela l’avrà su tutti i campi, non solo nella raffinazione ma anche nella ricerca dei giacimenti, nell’estrazione del petrolio e nell’approvvigionamento del metano”. Lo hanno detto i lavoratori che stamani, dopo quattro giorni di blocco delle vie di accesso alla raffineria, destinata dai nuovi programmi aziendali a restare ferma, hanno iniziato a presidiare l’area del terminale d’arrivo del metanodotto della consociata Eni, “Green Stream”, con la Libia. L’obiettivo è quello di non far transitare ne’ il personale turnista addetto alla conduzione dell’impianto ne’ i mezzi della manutenzione, in modo da costringere l’azienda, per motivi di sicurezza, a chiudere le valvole del gasdotto e a fermare la stazione di pompaggio che immette il metano libico nella rete nazionale.

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“Eni torni indietro. La sua decisione è grave perché rimette in discussione la politica energetica del Paese, non solo in Sicilia dove le ricadute occupazionali della sue scelte rischiano di essere pesantissime. Non soltanto a Gela. Puntiamo a una larga mobilitazione popolare e a Crocetta diciamo che nella gestione della vicenda deve coinvolgere immediatamente il governo Renzi”. Lo dice Maurizio Bernava, segretario della Cisl Sicilia, dopo la rottura delle trattative a Roma, nella serata di ieri, tra sindacati ed Eni sul nuovo progetto industriale del gruppo controllato dal ministero del Tesoro. Bernava dà voce alla preoccupazione della Cisl “per la minaccia che il deserto industriale avanzi in Sicilia mano a mano che i grandi gruppi abbandonano l’Isola”. E insiste: “Chiediamo con forza che Eni confermi il piano di investimenti da 700 milioni programmato appena un anno fa e fondamentale per rendere il sito ecocompatibile e in condizioni di consolidarsi sul mercato. E ci aspettiamo che sia riavviata la Linea 1 della Raffineria”.

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09 Luglio 2014, 13:02

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