07 Agosto 2015, 06:40
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Caro direttore,
altro che “chissenefrega”, come titolava la sua testata. Della Sicilia e della sua condizione ci frega eccome: è la Sicilia che, in definitiva, ci giudicherà. Non avevamo bisogno del rapporto Svimez per sapere che la nostra è una delle regioni più povere d’Italia. Riteniamo inutile snocciolare dati, cifre, tabelle per rendersi conto della realtà: basta mettere il naso fuori casa.
Non abbiamo mai nascosto, tra di noi e all’opinione pubblica, i problemi dell’esperienza di governo che stiamo attraversando. Sarebbe stato dannoso, più che inutile. Perché questa povertà, che si mangia ogni giorno intere famiglie, ci spaventa molto più della trazzera che, tutto sommato, trazzera è rimasta, per quanto rivestita di cemento. L’intera classe dirigente siciliana porta sulle proprie spalle un pezzo di responsabilità se la regione più regione di tutte, la più antica, la più autonoma e orgogliosa d’Italia è in queste condizioni e se le risorse che dovremmo investire per lo sviluppo sono impiegate per la spesa corrente.
Intendiamoci, nessuno pensa di riproporre la tiritera dei problemi del passato che continuiamo a pagare oggi. Non abuseremo mai della frase “facciamo le riforme” pensando di nascondere sotto il tappeto le difficoltà. Sappiamo bene che in questi due anni troppe cose che sarebbe stato necessario fare non sono state fatte a causa di una confusione che ha permeato l’esperienza di governo: carrierismi, annunci a vuoto, gattopardismi, battaglie non condotte mai davvero. Dal primo giorno in cui ho messo piede a Palermo ho posto questo problema, con chiarezza e lealtà al Presidente della Regione e ad un partito, il mio, a volte ostile a questo messaggio, guadagnandomi l’inimicizia di chi pensava di poter beneficiare della marginalizzazione del Pd. Il tempo, che è galantuomo, qualche ragione me l’ha riconosciuta.
Altro che chissenefrega, caro direttore. Di fronte ai problemi si possono fare due cose: affrontarli o alzare bandiera bianca. Ma una forza di governo che alza bandiera bianca è una forza che non ha più il titolo per chiedere il consenso degli elettori. Sarebbe una bella scorciatoia, quella delle elezioni anticipate. Ma andare al voto cambierebbe qualcosa in meglio per i sindaci siciliani in attesa di risposte sui rifiuti? La nostra fuga cambierebbe qualcosa per i lavoratori della formazione professionale, magari per proporgli di affrontarlo più tardi? Forse andare al voto regalerebbe alla Sicilia una programmazione europea ben fatta? E ancora: andare al voto, il voto subito, libererà il bilancio della sanità Siciliana dalla più alta quota di compartecipazione (quasi il 50%) d’Italia o farà partire il concorso per i 5000 posti da assegnare nei nostri ospedali?
E’ ovvio, nemmeno vivere nella paralisi politico-amministrativa risolve alcunché. Ma nessuno può rimproverarci di vivere nel galleggiamento sui problemi perché li abbiamo posti a nostro rischio e pericolo anche dividendo il Pd. Allo stesso modo nessuno può rimproverarci di non aver provocato elezioni subito, pur non avendo mai escluso questa ultima ratio. Rappresenterebbero l’ultima risposta all’impotenza per chi, quei problemi, ha il dovere di affrontarli e non di rimandarli al prossimo giro di giostra. E pensiamo che il Pd, che ha vinto le elezioni insieme a Crocetta, abbia il dovere di dimostrare che la Sicilia può crescere.
Con la nascita dell’ultimo governo abbiamo provato a imprimere una sterzata dimostrando, con buona pace di chi non vuol vedere dei risultati, che la Sicilia non è affatto irredimibile e che si può governare bene. Pochi giorni fa il Corriere ci ha dato la notizia che la nostra regione è la seconda in Italia per numero di persone profilate e avviate in garanzia giovani nonostante i ritardi accumulati. Il percorso arabo-normanno di Palermo è patrimonio Unesco grazie, soprattutto, all’impegno dell’Assessorato ai Beni culturali. Abbiamo approvato, grazie alla sinergia fra Governo e Ars, la prima legge in Italia sui diritti civili. Abbiamo contribuito, anche grazie all’impegno del Governo nazionale, a mettere in sicurezza i conti della regione.
Partiranno i lavori di per la bretella della A19, convinti che una strada si faccia partendo dalla sicurezza e non dalla propaganda: anche Achille Lauro regalava le scarpe ai poveri (una prima del voto e l’altra dopo) ma questo non ha fatto di lui uno statista. La riforma delle province e quelle dell’acqua pubblica sono finalmente legge. I dati sui flussi turistici registrano un aumento record. Certo, sono ancora gocce nell’oceano dei problemi irrisolti e sta a noi farne un’idea di cambiamento. Ma sono fatti, non opinioni: e stanno lì.
La Sicilia, vista da fuori, non è per forza un mostro, intriso di privilegi e parassitismo. Se può essere così bella per chi viene da fuori, il nostro compito è renderla bella per chi ci vive. Il declino non è una condizione obbligata, si può invertire, facendo ciascuno il proprio dovere e riammettendo la politica al proprio ruolo, perché la politica sa che sarà valutata alle elezioni, mentre i gattopardi no: vivono solo nell’ombra.
Basterebbe ammettere una verità: la Sicilia non ha bisogno di essere redenta ma di essere governata con mano ferma, mettendo l’interesse di tutti davanti a quello dei pochi. Vanno regolati i rapporti finanziari con lo Stato su criteri di equità, come suggerisce il giudizio di parifica della Corte dei conti e va rinegoziata la nostra autonomia perché si è trasformata in condizione di svantaggio pur essendo raccontata come un insopportabile privilegio.
Il Pd proverà a farlo, contando anche sul nuovo interesse che suscita il mezzogiorno come trampolino del rilancio del Paese. Se non ci saranno le condizioni si assumerà le proprie responsabilità a viso aperto. Ma non prima di avere provato, con tenacia, a dimostrare che la Sicilia può fare di meglio.
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07 Agosto 2015, 06:40