Amia, Serit, ospedali e banche |Chi non ha pagato la Tarsu

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20 Aprile 2013, 06:15

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PALERMO – Ci sono società partecipate del Comune, grandi e piccole aziende private, supermercati, marchi storici del commercio, ditte già fallite, banche, congregazioni religiose, associazioni e perfino ospedali: tutti insieme a formare il lunghissimo elenco dei 200 più grandi morosi della Tarsu, che devono a Palazzo delle Aquile qualcosa come 52 milioni di euro in tutto. Cinque pagine fitte di nomi di società private e a partecipazione pubblica che sono in debito con piazza Pretoria per cifre da capogiro relative alle cartelle esattoriali della tassa sui rifiuti mai pagate o al centro di contenziosi che in alcuni casi si trascinano da anni.

Un elenco elaborato dal settore Tributi del Comune e basato sui dati forniti da Riscossione Sicilia, su richiesta della commissione Bilancio presieduta da Francesco Bertolino, e che fotografa la realtà di una città alle prese con problemi di bilancio e risorse ormai ridotte al lumicino ma che, paradossalmente, vanta crediti per decine di milioni di euro che, se incassati, sarebbero un vero toccasana per la quinta città d’Italia costretta più volte, nell’ultimo decennio, a ritoccare al rialzo la tassa sui rifiuti per far quadrare i conti.

E scorrendo l’elenco non mancano le sorprese. Si scopre, per esempio, che il più grande moroso per la Tarsu è nientemeno che l’Amat, l’azienda partecipata per il trasporto pubblico, che deve ancora versare nelle casse del Comune (che è al tempo stesso il suo proprietario) 3,2 milioni di euro. Al terzo posto si piazza invece l’Amia, l’altra controllata per l’igiene ambientale che viene finanziata dal Comune proprio con i proventi della Tarsu: ebbene, anche l’Amia risulta morosa per 1,9 milioni. L’Amap, invece, si limita a 116mila euro.

Ma a dovere parecchi soldi al Comune ci sono anche gli ospedali come il Policlinico (1,4 milioni), l’Asl 6 (923mila euro) il Cervello (413mila euro) e l’Ismett (138mila), oppure la Fiera del Mediterraneo (1,3 milioni), l’ente acquedotti siciliani che risulta in liquidazione (260mila euro), l’Ast (126mila euro), la fondazione Teatro Massimo (115mila euro), l’Ircac (102mila euro), l’Irfis (99mila euro) e, incredibile a dirsi, perfino la Serit Sicilia che si occupa della riscossione della Tarsu (105mila euro).

A completare l’elenco ci pensano poi numerose ditte, a volte veri e propri marchi storici del commercio, che nel frattempo sono fallite, oppure ancora banche, aziende agricole, grandi catene di distribuzione, cooperative, alberghi, case di cura, industrie, società calcistiche, aziende di trasporti, laboratori di analisi e immobiliari. Come detto, l’elenco comprende i 200 morisi maggiori, ovvero quelli che devono al Comune dai 3,2 milioni fino agli 86mila euro, e in ordine di debito: non si riferiscono cioè a un arco temporale definito e quindi comprendono aziende già fallite o che hanno accumulato il debito col tempo, oppure che ancora sono oggetto di contenziosi o di procedimenti. C’è da dire, inoltre, che alcuni morosi hanno anche cominciato a pagare, chiedendo alcuni sgravi oppure vantando un debito residuo inferiore (e in alcuni casi anche di molto) al debito iniziale.

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“E a questo elenco mancano altri soggetti – dice il consigliere comunale Mimmo Russo, componente della commissione Bilancio – per questo mi recherò di persona all’ufficio Tributi per avere spiegazioni. Da quel che mi risulta altri enti e istituzioni non pagano da almeno dieci anni la Tarsu, ma è chiaro che da questo elenco già qualcosa esce fuori”.

L’amministrazione comunale è al lavoro da tempo per il recupero dei crediti, anche se adesso la commissione, che ha ricevuto l’elenco solo da qualche giorno, inizierà un’analisi approfondita della situazione. “Questo è l’ennesimo tassello, frutto del lavoro fatto in commissione in maniera unanime e con pieno spirito collaborativo fra maggioranza e opposizione – dice il presidente Bertolino (Idv) – abbiamo chiesto alla Serit di estrapolare i primi 200 morosi per importo per capire con precisione la situazine. L’elenco ci è appena giunto, adesso la commissione capirà lo stato dell’arte degli iter amministrativi intrapresi dal Comune per il recupero delle somme”.

Dall’Amap giunge la seguente replica:

1)    La somma di 116.253,71 è relativa alla cartella esattoriale dell’anno 2012 ed è stata notificata all’Amap l’11/03/2013 (prot. in entrata n. 9417/13 di pari data);
2)    Tale somma deve essere pagata in n. 4 rate con scadenze “maggio, luglio, settembre e novembre”;
3)    La prima rata di euro 29.190,71 è stata pagata con ordine di pagamento n. 598 del 12/04/2013 (addirittura molto prima della scadenza di maggio).

Pertanto l’Amap non è affatto da annoverare tra le aziende morose della TARSU come erroneamente fatto dal vostro giornale. Giornale che, per sua precipua linea editoriale, si presta a ricevere commenti da parte dei fruitori i quali possono anche farsi idee inesatte e, interagendo con i loro commenti, rischiano di alimentare ed amplificare tali inesattezze.
Certi di una vostra rettifica e del dovuto risalto alla nostra replica, porgiamo distinti saluti.

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20 Aprile 2013, 06:15

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