I sindacati scendono in campo| Orlando: “Azienda indebitata”

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18 Aprile 2013, 16:28

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PALERMO – Si tingono di giallo le cifre orbitanti attorno al probabile, ma non ancora deciso, fallimento dell’Amia. Mentre il Comune di Palermo fa sapere in una nota di aver scoperto che l’ex partecipata “ha accumulato debiti per oltre 400 milioni di euro, largamente superiori ai crediti, tanto da determinare un patrimonio negativo di circa 90 milioni di euro”, alcuni sindacati non confermano, chiedendo di poter accedere agli atti che ufficializzano l’esposizione debitoria. E altri, addirittura, smentiscono e snocciolano altre cifre.

Nel frattempo sindacalisti e operai sono scesi ancora una volta in corteo: in trecento oggi hanno marciato da Villa Giulia, in via Lincoln, alla volta di Palazzo dei Normanni, sede dell’Ars. Ignazio Burgio dell’Usb, Dionisio Giordano della Cisl, Antonino Vaccaro dell’Ugl, Luisa Milazzo della Fiadel e Giovanni Acquaviva della Uil hanno ottenuto un colloquio con il presidente della commissione Ambiente all’Ars, Giovanni Trizzino.

I debiti accumulati negli anni da Amia sono stati uno dei temi caldi affrontati ieri sera durante il vertice di Villa Niscemi tra il sindaco Leoluca Orlando e le parti sociali. Il primo cittadino “ha ribadito la propria disponibilità e la propria possibilità a garantire – scrivono da Palazzo delle Aquile –, con i fondi già stanziati in bilancio, i servizi di igiene ambientale e la tutela dei livelli occupazionali”.

Secondo l’Amministrazione, sarebbe la “requisizione in uso di uomini e mezzi” lo strumento da mettere in campo per garantire un servizio pubblico ed efficiente nonché tutti livelli occupazionali. Un’ipotesi sulla quale, però, il prefetto Umberto Postiglione ha espresso più di una perplessità, ammettendo “di attendere il parere dell’Avvocato distrettuale dello Stato” ma sottolineando che “in linea di massima l’ipotesi della requisizione di Amia è difficile da realizzare”.

La strategia della requisizione, tuttavia, sarebbe valida solo per una fase transitoria e passerebbe comunque attraverso il fallimento dell’attuale Amia, una prospettiva che i sindacati vedono come il fumo negli occhi perché metterebbe a loro parere in pericolo il futuro occupazionale dei dipendenti (ma che eviterebbe all’Amministrazione di doversi accollare i debiti dell’ex partecipata, avviando una new co “pulita” e senza pendenze). Ecco il motivo della nuova manifestazione odierna (durante la quale i lavoratori se la sono presa anche con i giornalisti) ed ecco perché lunedì Orlando incontrerà nuovamente i rappresentanti sindacali, che gli chiederanno di tirar fuori le carte per poter ragionare su cifre documentate.

In attesa di conoscere particolari più dettagliati, i sindacati chiedono con una sola voce che si valutino tutte le opzioni ancora possibili per evitare il fallimento, che sarebbe “disastroso per la città – sottolinea il segretario generale della Cgil Palermo, Maurizio Calà –. Bisogna tentare di tornare sul concordato preventivo, anche se il sindaco si dice convinto che sia ormai inevitabile sulla base di numeri che ci ha rivelato a voce, senza il supporto di documenti ufficiali. Ma a rischio non ci sono soltanto i lavoratori della partecipata: chi risarcirà i soldi dovuti ai creditori?”.

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La mancanza di certezze e di numeri precisi sulla crisi ha generato un balletto di cifre che non mette d’accordo gli stessi sindacalisti: per Calà ci sono “420 milioni di euro di debiti che, a fronte di crediti e patrimonio, lasciano un disavanzo di 95 milioni. Ma sono cifre generiche, abbiamo bisogno di dati certi”. Per Massimiliano Giaconia di Alba, invece, “il disavanzo è di almeno 70 milioni di euro e solo nel 2012 sono stati generati 38 milioni di debiti”, mentre il segretario regionale della Cisl Igiene Ambientale, Dionisio Giordano, sostiene che “secondo gli atti ufficiali di nostra conoscenza i debiti ammontano a 245 milioni di euro, e poi bisogna considerare anche i crediti e il patrimonio mobile e immobile”.

“È una cifra grossa – aggiunge Giordano – ma non tale da impedire un nuovo concordato preventivo, da basare sulle stesse basi economiche del primo: trasferimento dei 175 dipendenti al servizio caditoie dell’Amap, Palazzo La Rosa e le azioni Amg. Il Comune faccia la new co – continua Giordano –, perché i nove milioni per l’adeguamento del contratto di servizio sono già previsti nel bilancio preventivo e ci sono anche i soldi per pagare mensilmente i servizi di Amia e Amia Essemme. La nuova società, se lo vogliono, può partire domani mattina. Si può ancora evitare il fallimento”.

“Peraltro – aggiunge Giaconia – l’adeguamento del contratto di servizio è previsto da una delibera predisposta dal commissario Latella. Forse, nel disgraziato caso del fallimento, la requisizione sarebbe la soluzione meno pesante, ma se i giudici decidessero per la curatela fallimentare tutto dipenderà dal tipo di incarico assegnato al commissario: un conto è quello di semplice gestore dei servizi, un altro è se viene nominato anche liquidatore. Perché in quel caso avvierà l’esercizio provvisorio per pagare i crediti delle aziende e taglierà i costi: il che molto spesso significa tagliare il personale, ovvero licenziare. La cosa grave – conclude Giaconia – è che i dati reali sulla situazione dell’Amia li abbiamo saputi due mesi fa grazie al concordato. E ieri sera dal sindaco. Se fossero veri quelli che ci ha fornito Orlando, questa gestione commissariale è stata fallimentare”.

Il primo cittadino, però, resta saldo sull’idea di non ritentare la strada del concordato preventivo, già bocciata una volta dal Tribunale fallimentare. Se i giudici dovessero decidere di staccare la spina, oltre alla requisizione alla curatela fallimentare, resterebbero in piedi le opzioni del commissariamento governativo o dell’istituzione, all’interno della Srr (la “Società per la regolamentazione del servizio di gestione rifiuti” che ha sostituito l’Ato), di un “Aro” palermitano (“Ambito regionale ottimale”), un progetto realizzato cioè dal Comune di Palermo per applicare la normativa territoriale regionale sui rifiuti. In tal senso, oggi l’Amministrazione si è detta “disponibile a valutare tutte le soluzioni possibili e ad assumersi le proprie responsabilità purché si garantisca ai cittadini un servizio efficiente di igiene ambientale e si ponga fine alla vergogna di una amministrazione straordinaria che continua a generare perdite per tre milioni di euro mensili”.

“Ma per far sì che l’Amia, o un’altra azienda al suo posto, diventi una sorta di Ato – sottolinea Calà – ci vorrebbe un decreto regionale. Che per adesso non c’è. Tutte le quattro ipotesi stanno nell’ambito del condizionale, nessuna dà certezze, perché non dipendono solo dall’Amministrazione ma da altri enti, che sia il governo nazionale o quello regionale. L’unica certezza sembra, purtroppo, che l’Amia sia destinata al fallimento”.

A parziale conferma di questo esito, nel pomeriggio è circolata una voce secondo la quale il Tribunale fallimentare avrebbe già predisposto gli atti per decretare il fallimento dell’azienda, ma per il momento i giudici starebbero cercando di tergiversare per capire se c’è ancora uno spiraglio di salvezza per l’ex municipalizzata.

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18 Aprile 2013, 16:28

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