Ancora a rischio 76 ricercatori: |”Qui non si intravede futuro”

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23 Luglio 2013, 16:56

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CATANIA – Si fa sempre più incandescente la vertenza Myrmex. In questi giorni dipendenti e sindacati stanno lottando incessantemente per trovare, al più presto, una soluzione concreta. Il tempo, infatti, scorre inesorabile e una data si avvicina: il 16 settembre. Ovvero, quando scadrà la clausola di “stabilità occupazionale”, che fu imposta dalla Pfizer all’epoca della cessione. Gian Luca Calvi, titolare unico della Myrmex, senza ulteriori indugi, ha già fatto presente ai sindacati l’incapacità di mantenere i posti di lavoro per i ricercatori, all’indomani della scadenza della clausola. In parole povere, il Centro Europeo di tossicologia qui a Catania non esisterebbe più, e 76 “preziosissimi” ricercatori si ritroverebbero in mezzo a una strada e senza prospettive per il futuro.

Già ieri, il deputato nazionale Giovanni Burtone ha presentato alla Camera la vertenza catanese durante il question time. Ma neanche qui a Catania ci si ferma. Quest’oggi, infatti, Giuseppe La Mendola (Fialc-Cisal), Alfio Avellino (Uil-Tecs), Margherita Patti ( Cigl) e Giuseppe D’Aquila (Cigl-Filctem) sono stati ricevuti dal vice prefetto Cettina Pennisi. “Abbiamo fatto presente al vice prefetto – spiega D’Aquila a LiveSiciliaCatania – tutte le problematiche inerenti a questa vicenda. Preso atto di tutto, ci ha dato disponibilità ad intervenire nei confronti della Regione. Vista l’urgenza, infatti, chiediamo con forza un incontro col presidente Crocetta. La Regione (già garante dell’accordo al momento della cessione) in qualità d’istituzione principe non può assolutamente tirarsi indietro rispetto alla gravità di questa situazione. Ci troviamo di fronte all’ennesimo “scippo” – affonda – che la città di Catania non dovrebbe permettere. Abbandonando un centro di Ricerca, che per altro fino a pochi mesi fa era un eccellenza agli occhi del mondo, si corre il rischio, non solo di perdere quasi 80 posti di lavoro di altissimo livello, ma anche di depredare per l’ennesima volta il nostro territorio di una risorsa”.

D’Aquila insieme agli altri rappresentanti sindacali non intende allentare la presa, ”Andremo avanti nelle proteste – continua – almeno fino a quando non riusciremo a mettere attorno ad un tavolo tutti gli attori coinvolti nella vertenza: Regione, Pfizer, Myrmex, sindacati, Comune, Prefettura e possibilmente Ministero del Lavoro, affinché si individuino soluzioni degne per questa città e soprattutto – conclude – per i ricercatori e della loro altissima professionalità”.

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Ed erano davvero tanti i ricercatori del centro di Ricerca, questa mattina presenti davanti la prefettura. Uniti con forza e dignità hanno protestato nella speranza che si faccia quanto prima chiarezza relativamente le “logiche”, secondo le quali da mesi verrebbero normalmente pagati, pur rimanendo di fatto fermi con le mani in mano, e in attesa di esser messi alla porta. Elisabetta Tendi, una delle ricercatrici animata da rabbia mista ad amarezza ha raccontato la sua storia a LiveSiciliaCatania : “Sin dai tempi dell’acquisizione da parte della Myrmex – ha spiegato – intravedevamo rischi per il nostro futuro lavorativo. Da mesi ormai ci ritroviamo ad essere fermi, senza portare avanti concretamente nessun progetto. Per un ricercatore non lavorare è estremamente penalizzante, perché equivale a fare professionalmente un passo indietro rispetto al percorso già fatto. Considerando poi – precisa – che io sono proprio una di quei ricercatori che dopo un Dottorato a Londra, e aver lavorato quattro anni negli Stati Uniti in un grossissimo centro di Ricerca, ha deciso con entusiasmo di rientrare, allettata dalle speranze e dagli incentivi a favore dei tanti “cervelli” in fuga dall’Italia. Inizialmente – continua – quando il centro di Ricerca apparteneva ancora a Pfizer, andava tutto bene, ma una volta avvenuta la cessione due anni fa tutto è tristemente cambiato”.

La ricercatrice non riesce a nascondere la delusione per la situazione in cui si ritrova insieme ai colleghi, a fronte, poi, dei sacrifici di una vita. “Parecchie volte – dice – venivo invitata nelle Università per raccontare la mia esperienza di ricercatrice svolta all’estero e incoraggiavo sempre i tanti giovani ad andare fuori per fare esperienze stimolanti, ma ponendosi poi l’obiettivo di rientrare per far crescere il nostro Paese. Ma oggi quando mi viene chiesto – conclude – rispondo ai ragazzi di non tornare più qui in Italia, perché non c’è davvero speranza per il futuro”.

 

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23 Luglio 2013, 16:56

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