06 Novembre 2015, 05:35
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CATANIA – “Mio fratello Andrea ha preso il comando di Librino ed è il capo fino ad ora”. Fabrizio Nizza non ha dubbi su chi si sia seduto al suo posto nella gestione degli affari criminali tra i palazzoni e i fiumi di cemento della città satellite. Nel corso del processo contro l’ultimo rampollo della famiglia di trafficanti, accusato di estorsioni e armi, l’ex santapaoliano è senza freni. Non perde la lucidità nemmeno quando l’avvocato Francesco Strano Tagliareni, difensore dell’imputato latitante, gli chiede come faceva ad avere queste informazioni visto che quando ha deciso di diventare collaboratore di giustizia era rinchiuso in regime di 41 bis. La domanda del legale è solo l’assist per l’ex uomo d’onore per rivelare particolari, alcuni inediti, sulle violente conseguenze della sua scelta di diventare un “pentito”.
“Mio fratello mi ha tolto tutto. Si è preso tutti i miei soldi e mi ha lasciato senza niente. Quando ha saputo che ero diventato collaboratore di giustizia ha fatto vandalizzare la mia casa a Librino. E non è finita avvocato – spiega con impeto – quando mia moglie ha chiesto a un ragazzo, che solitamente ci aiutava, di andare dai ragazzi di Andrea per chiedere se poteva andare a prendere i vestiti dei bambini, mio fratello gli ha fatto sparare allo stomaco. Sono andati a casa del ragazzo e hanno sparato”. E’ la prima volta che Fabrizio Nizza racconta di questo presunto ferimento, effetto della sua decisione di entrare nel programma dei collaboratori di giustizia. Andrea Nizza, dunque, non sarebbe stato clemente nemmeno nei confronti della cognata e dei nipoti. Il boss avrebbe riservato alla famiglia del fratello il trattamento che i mafiosi serbano ai “traditori” e agli “sbirri”. Le rivelazioni di Fabrizio Nizza hanno inguaiato non poco il capo di Librino, indagato anche con la grave accusa di omicidio.
Andrea Nizza sarebbe un boss pronto anche alle manifestazioni pubbliche di potere nei confronti dei clan rivali. Matteo Orlando, vicino al gruppo Ottanta Palmi di Turi Amato, detenuto nel carcere di Siracusa nello stesso periodo di Fabrizio Nizza avrebbe raccontato al collaboratore che il fratello Andrea avrebbe radunato i suoi uomini e organizzato una “dimostrazione di forza” a San Cristoforo. I picciotti di Librino avrebbero scorrazzato in scooter, armi in vista, nelle zone dove bazzicava un esponente del clan Cappello: nel quartiere si mormorava che voleva riprendersi le piazze di spaccio.
A fornire dettagli sull’organigramma del gruppo santapaoliano di Librino è Davide Seminara. “I fedelissimi di Fabrizio sono passati tutti con Andrea Nizza, – rafferma rispondendo alle domande del pm Rocco Liguori – era lui a darmi gli ordini. Il nostro punto di forza è sempre stata la droga: gestivamo circa 20 piazze di spaccio tra Librino e San Giovanni Galermo”. Anche l’ex soldato della mafia Carmelo Di Stefano conferma il ruolo di “responsabile di Andrea Nizza a Librino”.
La Procura intanto ha fatto terra bruciata attorno al latitante: a gennaio i carabinieri hanno messo in gattabuia i suoi “picciotti” più fidati, che stanno affrontando il processo abbreviato per estorsione e armi. Coimputato con il latitante, nel troncone del rito ordinario, c’è Filippo (Chicco) Scordino a cui sono stati concessi gli arresti domiciliari. Seduto in aula Famà ha ascoltato ogni parola mossa contro di lui da Fabrizio Nizza collegato in video conferenza da un sito protetto. “Chicco Scordino – racconta il collaboratore – ha custodito per me 100 chili di marijuana nel suo garage”.
Momenti di tensione durante il processo quando l’avvocato Strano Tagliareni chiede a Seminara di un bigliettino inviato dal carcere da Fabrizio Nizza. “Quel messaggio finì nelle mie mani e io lo lessi – racconta il collaboratore – c’era scritto che dovevano uccidermi”. L’ex luogotenente dei Santapaola rivela di aver mostrato il pizzino ad Andrea Nizza che gli avrebbe esclamato: “Lascialo perdere è scemo. Tutti pari li vuole morti”. (Tutti quanti li vuole morti). Fabrizio Nizza smentisce categoricamente e spiega di aver inviato attraverso Salvatore Nicolosi, detto Gnoccolo, un messaggio a suo fratello Giovanni perché “cacciassero Davide da Librino perché si era permesso di andare a casa di sua moglie”. Il movente scatenante combacia nelle due versioni, ma per Seminara l’emissario del bigliettino sarebbe stato il fratello di Lo Presti, detenuto insieme all’ex boss nel carcere di Siracusa. Secondo Fabrizio Nizza si tratterebbe semplicemente di “un fraintendimento”.
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06 Novembre 2015, 05:35