Antonella e il delitto imperfetto |Così era stato ricostruito l'omicidio - Live Sicilia

Antonella e il delitto imperfetto |Così era stato ricostruito l’omicidio

Incidente simulato e omicidio: così, subito dopo l'arresto di Salvatore Rotolo, "S" aveva ricostruito l'assassinio di Antonella Alfano.

Da "S" di giugno 2011
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6 min di lettura

La mamma e la sorella lo hanno capito sin dal primo momento. Da quando hanno visto la Fiat 600 in fondo alla scarpata di via Papa Luciani. Antonella Alfano non poteva essere morta in quel modo. E non ancora per quel dettaglio della castagna infilata in gola che ha fatto della sua morte una storia degna del miglior Andrea Camilleri. Ma per ciò che solo loro sapevano. Per la tempesta che aveva scosso Antonella da viva. Per la relazione ormai finita con quel “compagno improvvisamente cambiato nel momento in cui è nata la bambina”.
Ma quell’uomo è un carabiniere. E non di quelli che “aprono e chiudono la porta carraia”. Salvatore Rotolo è “operativo”, in prima linea nella caccia al latitanti. Nel suo carniere c’è persino il numero uno ad Agrigento, l’imprendibile Gerlandino Messina. Difficile per i familiari anche solo esprimere i loro sospetti che si sono nutriti giorno dopo giorno dei dettagli che l’indagine ha fatto venire a galla. A cominciare dall’assenza di tracce di frenata sull’asfalto, da quello strano incendio non giustificato dall’impatto dell’auto contro l’albero e infine dalla castagna secca infilata nella gola della povera Antonella. Proprio lei che “non mangiava castagne”, ha continuato a ripetere la sorella Rossana. Ma sono stati necessari quattro lunghi mesi perché quel che i familiari avevano capito subito si trasformasse in indizi, prove e in un mandato di cattura.
Salvatore Rotolo è finito in carcere il 16 giugno. Un uomo dello Stato arrestato da altri uomini dello Stato con l’accusa di aver ucciso la compagna, la bella e bionda ex modella che dieci mesi prima della morte gli aveva dato una bambina. Il delitto sarebbe stato commesso con l’aiuto di un complice, al momento non identificato. Ma diversamente da quel che avevano richiesto i pm, a sorpresa, il gip Alberto Davico ha ritenuto che si tratti di omicidio preterintenzionale. Cioè Salvatore Rotolo avrebbe soffocato Antonella anche se la sua intenzione non era quella di ucciderla.
Di tutt’altra opinione la procura che aveva invece richiesto l’arresto per omicidio volontario. Nella loro ordinanza il procuratore Renato Di Natale, l’aggiunto Ignazio Fonzo e il sostituto Giacomo Forte elencano minuziosamente tutti gli indizi a carico del carabiniere, suffragati dall’autopsia e dalle perizie tecniche. E partono dall’inizio, dalla relazione su quello che in un primo momento sembrava un incidente stradale. “Le anomalie che hanno caratterizzato l’incidente occorso alla Alfano – scrivono i pm – sono state messe in luce sin dal verbale della polizia stradale di Agrigento”.
Nel verbale in questione si evidenzia che sulla sede stradale “sia sulla direttrice verso la Ss 640, verosimile direzione di marcia tenuta dall’autovettura, che nella direttrice opposta non è stata rilevata alcuna traccia di frenata o di scarrocciamento”. Ma dice di più la stradale: “Considerato il modesto danno riportato dall’autovettura dall’urto contro l’albero, all’altezza del gruppo ottico, e delle tracce di schiacciamento dell’erba e non di trascinamento o strappo, della stessa, durante l’attraversamento dello spiazzo prima di precipitare nella scarpata, si ritiene che la velocità tenuta dall’automezzo fosse alquanto moderata”.
Insomma a quella velocità l’impatto non poteva provocare l’incendio dell’auto. E questo per un altro dettaglio. “Procedendo alla disamina del blocco di accensione dell’autovettura – scrivono i periti della procura – si è appurato che la chiave di accensione risulta posizionata in corrispondenza della scritta Stop. Questo permette di affermare che, tenuto conto che il blocco accensione ha tre posizioni, corrispondenti allo Stop, alla Marc. (marcia) e all’Avv. (avviamento), al momento in cui si è sprigionato l’incendio, il mezzo non era in marcia. Si consideri infatti che dopo l’accensione durante la marcia la chiave di accensione deve trovarsi necessariamente nella posizione Marc. in quanto la posizione di Stop interrompe i flussi di alimentazione con conseguente spegnimento del motore”.
Insomma: l’auto era spenta. Eppure è andata quasi completamente in fiamme avvolgendo anche il corpo della povera Antonella. Il suo cadavere è stato rinvenuto ancora al posto di guida. Ma l’assassino ha trascurato un dettaglio. Ha spostato troppo indietro il sedile. “Considerato che la Alfano, per come si rileva dalla carta di identità, aveva una altezza di metri 1,60 – si legge nell’ordinanza – ne consegue che la posizione del sedile lato guida era tale da non permetterle di arrivare con i piedi ad azionare i comandi della frizione e del freni. Questo escluderebbe come la stessa, in modo peraltro compatibile con la posizione del corpo così come rilevata dagli accertamenti, fosse alla guida della vettura”.
Altro errore è stato commesso per incendiare l’auto. Per appiccare il fuoco è stata utilizzata una miscela di gasolio e benzina. Ma com’è possibile pensare ad un incendio spontaneo se la Fiat 600 era a benzina? Ecco perché i pm non hanno dubbi: “L’incendio è stato dolosamente provocato mediante una miscela di liquido infiammabile costituita da benzina e da gasolio. Che si è trattato di una miscela diversa e predisposta all’uopo si ricava da un dato certamente non trascurabile, vale a dire il fatto che nonostante gli ingenti danni subiti dalla vettura, la tanica del serbatoio si presentava ancora intatta con all’interno la presenza di benzina. Alla luce di tutti gli elementi sopra evidenziati può allora affermarsi con certezza che la vettura non è stata affatto coinvolta in un incidente ma è stata dolosamente ‘incidentata’ e poi spinta giù per la scarpata”.
Infine c’è il particolare più sconcertante di questa storia: la castagna infilata nella gola della donna quando era già morta e al fine di simulare una morte accidentale. Ipotesi, scrivono i pm, che “si fonda su un dato che si pone come individualizzante rispetto alle competenze e all’esperienza dell’indagato”. Chi ha commesso l’omicidio infatti “ben sapeva, per le sue competenze tecnico-investigative, che l’incendio successivo del cadavere non avrebbe certo occultato del tutto il precedente delitto, tenuto conto che una indagine autoptica avrebbe certamente permesso di rilevare la assenza (come in effetti è stato) di fuliggine nelle vie respiratorie profonde. L’inserimento della castagna, dunque, non si pone come semplice messa in scena e simulazione di un soffocamento, ma come ipotesi giustificativa della prevista mancata contaminazione delle vie aeree ad opera dei fumi sprigionati dalle fiamme. Resta in ogni caso fermo il dato per cui chi ha commesso quell’omicidio ha avuto una freddezza tale da porsi tutta una serie di problematiche future legate alle indagini, in tal modo lasciando palesare le proprie competenze ed esperienza sul campo investigativo”.
E dunque “escluso che sia stata proprio la castagna ad avere una qualche incidenza causale, una volta affermato che la donna era stata uccisa prima che venisse appiccato il fuoco (che sulla base di quanto detto sopra si può ipotizzare essere stato appiccato all’interno dell’abitacolo), ne consegue che la morte è logicamente riferibile proprio ad una azione asfittica di tipo meccanico con soffocamento e che la castagna è stata ‘inserita’ in un secondo momento, quando la ragazza era ormai morta, appunto per simularne un soffocamento accidentale”.
Se tutti questi indizi e prove raccolte dai pm sono vere come si fa a ipotizzare “solo” un evento preterintenzionale? Forse il gip si è soffermato esclusivamente sul momento dell’omicidio avvenuto per soffocamento, probabilmente al termine di una lite, come confermano i graffi che Rotolo aveva al volto. Teoricamente è possibile che la morte sia giunta inaspettata. E chiaramente fino a quando non ci sarà un processo ed una sentenza passata in giudicato nulla si può dare per scontato. Anche che il principale sospettato riesca a dimostrare la totale estraneità ai fatti. Ma una cosa è certa. Se Antonella è stata uccisa nel modo decritto dai pm e soprattutto se verrà confermato quel macabro depistaggio della castagna infilata in gola l’assassino ha fatto molto di più che ucciderla. Ha cercato con freddezza ed ostinazione di farla franca senza mai mostrare un accenno di rimorso.


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