Antonello Nicosia al contrattacco| “Mafioso? No, sono un provocatore”

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06 Novembre 2019, 16:09

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PALERMO – “Io non sono un mafioso”. Antonello Nicosia, accompagnato dal suo legale, l’avvocato Salvatore Pennica, risponde al giudice per le indagini preliminari di Sciacca. Si difende e rilancia. Quando parlava, ed è stato intercettato, aveva un tono scherzoso o provocatorio. Perché Nicosia si definisce un provocatore.

Lui ha davvero portato avanti le battaglie in favore dei detenuti, e non gli interessava che fossero delinquenti semplici o pericolosi boss. E ha denunciato i maltrattamenti che alcuni di loro avrebbero subito. Nicosia fa quasi capire che potrebbe avere pagato dazio per le sue denunce.

Niente di illecito. Altri, i pubblici ministeri, semmai, dice Nicosia, devono trovare i risconti alla contestazione che abbia fatto da postino per i mafiosi.

E sui dialoghi con Accursio Dimino, mafioso di Sciacca, in cui parlava di vicende di Cosa Nostra? Tutti fatti processualmente noti.

E quando discutevano di omicidi da organizzare? Si sarebbe limitato ad ascoltare Dimino che ha conosciuto nell’ambito della sua attività di difensore dei diritti dei detenuti e al quale ha cercato di trovare un lavoro per farlo reinserire nella società.

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Lecito sarebbe stato il suo rapporto con l’onorevole Giuseppina Occhionero. Eppure con l’onorevole parlava di San Matteo (Messina Denaro) e la invitava a non pronunciare il nome dei mafiosi al telefono. Stava sempre e solo, così si difende, scherzando.

Nicosia si dice pronto infine a rispondere ai pubblici ministeri di Palermo ai quali, dopo l’eventuale convalida del fermo su cui il gip si è riservato, tornerà per competenza il fascicolo trattandosi di reati di mafia.

Anche Accursio Dimino, assistito sempre dall’avvocato Pennica, ha risposto alle domande del giudice. È stato un mafioso e per questo è stato condannato, racconta Dimino, ma ha pagato il suo debito con la giustizia. Il rapporto con Nicosia è nato perché non riusciva a trovare lavoro. Di Nicosia Dimino non ha una buona considerazione. Lo definisce “un imbroglione” che gli ha fatto credere di poterlo aiutare, pensava davvero che si occupasse dei detenuti. E ora si ritrova di nuovo in carcere per le confidenze che gli ha fatto. Parlavano di vicende di mafia, è vero, ma sono fatti processuali di dominio pubblico.

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06 Novembre 2019, 16:09

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