22 Febbraio 2016, 18:12
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PALERMO – Nessuno lo può giudicare. E nemmeno azzardarsi a criticarlo. Anche se non ha il mitico casco d’oro della Caselli. Ma piuttosto una barba resa celeberrima anche dalla divertente imitazione di Crozza. Antonio Ingroia, a capo della partecipata Sicilia e-Servizi, quando qualcuno s’azzarda a metterne in discussione l’operato mostra una maschera ben lontana dalla simpatica indolenza della caricatura del comico genovese. Protesta, contrattacca, accusa, allude, preconizza seguiti infausti per i suoi malcapitati critici. Tutto in un colpo solo. Quasi a rivendicare sistematicamente uno status d’intoccabile che di diritto gli spetterebbe per i suoi trascorsi togati e di simbolo dell’antimafia.
L’ultima puntata è delle scorse ore. Alle osservazioni mosse da Maurizio Pirillo, dirigente responsabile dell’ufficio informatico, che ha sostenuto – argomentandola – la tesi di un costo eccessivo di Sicilia e-Servizi, l’ex piemme ha risposto con una filippica di fuoco. Nella quale Ingroia non si è limitato ad esercitare il suo legittimo e sacrosanto diritto a difendersi dalle accuse con la forza dei numeri. Troppo banale, forse, sarebbe stato.
No, Ingroia ribatte anche nel merito ma va oltre. Evoca, accusa, per poco non chiama alla sbarra, ma si vede tanto che gli piacerebbe ancora farlo. E quando scrive non si capisce se parla da amministratore, da politico o da (ex) magistrato, che sa (non è forse Io so l’emblematico titolo d’un suo celebre pamphlet?) e potrebbe dire, ma non dice. Secondo un collaudatissimo copione di retorica antimafiosa. Il tutto introdotto dall’antipasto della minacciata querela a chi diffonde falsità su questa società “dal passato opaco e ingombrante”. In forza del quale il presente va accettato in blocco, parrebbe senza possibilità di critica, quasi che, lascia intendere da subito Ingroia, le suddette critiche devono per forza giungere da quei “troppi” a cui “andava bene quel passato, ed hanno paura che il presente virtuoso diventi permanente perché certi affari loschi oggi sono impossibili, almeno finché ci sarò io”. Ecco il pm. Che un rigo dopo lascia il posto al politico, che direttamente al popolo s’appella: “E quindi dico ai siciliani: aprite gli occhi e non fatevi fuorviare dalle informazioni false e fuorvianti che circolano”.
Uno e trino: manager, investigatore e leader rivoluzionario-civile, Ingroia cambia pelle più volte nel suo contrattacco. Non rinunciando all’esposizione dei capi d’accusa (“si vuole coprire un gravissimo debito fuori bilancio della Regione siciliana dovuto alle scellerate gestioni degli ultimi decenni e di una grave distrazione di quasi due milioni di euro compiuta nel 2015, a nostro danno e a nostra insaputa, dalla burocrazia regionale. Un vero e proprio peculato per distrazione”), alla stregua di un’ordinanza di procura.
Anche se certo, il passaggio più sapido, inserito nel contesto dell’evocazione del “disegno” (e se una cosa Ciancimino jr ci ha insegnato è che c’è sempre un disegno dietro), è quello che rievoca “i tempi dei ‘bagordi’ quando la Regione siciliana veniva saccheggiata e a quel tempo c’era già Pirillo a ‘controllare’ il settore, mentre io stavo in Procura a cacciare i latitanti mafiosi e i loro complici”. Competenze in effetti indispensabili per la gestione di una società che si occupa di informatica. A chi altro mai Crocetta avrebbe potuto affidare quest’incarico?
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22 Febbraio 2016, 18:12