02 Gennaio 2013, 09:30
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CATANIA – Antonio Tomarchio, consigliere provinciale del Pdci ed esponente di punta del gruppo consiliare dei Comunisti/Idv, tira le somme di una stagione politica a Palazzo dei Minoriti. Un giudizio duro che fa da specchio ad una opposizione a Castiglione che negli ultimi quattro anni non ha ammesso defezioni: “Il centrodestra ha fallito. Ora – ha ammonito- tutti i nodi stanno venendo al pettine”. “Questo Consiglio – ha aggiunto- è espressione di quella maggioranza eccessiva che da Musumeci in poi ha amministrato la Provincia”.
Consigliere Tomarchio, nelle ultime sessioni di Bilancio, lei e il gruppo dei Comunisti/Idv avete sempre espresso parere negativo davanti ad ogni disegno proposto, nonostante il presunto pericolo dissesto. Quali le ragioni di questa linea?
A dire il vero, non solo nelle ultime. Noi a differenza di chi ha votato sì abbiamo sempre contestato il metodo e il merito di questa Amministrazione. Sono diciotto anni di continuità amministrativa, che cominciano con Musumeci, passano da Lombardo e finiscono con Castiglione. Momenti che esprimono il ruolo e la funzione di un centrodestra che nelle istituzioni, dal Comune di Catania alla alla Provincia, ha portato al dissesto. Il quale è stato sancito solo oggi, ma nello stesso tempo colmato con un piano di rientro che noi contestiamo totalmente. Lo facciamo a differenza di chi ha dovuto votare sì per forza, perché ha partecipato ai banchetti, festini e sagre, di questi diciotto anni.
Un giudizio durissimo…
Sì, la Provincia è stata mantenuta in uno stato comatoso, per quanto riguarda la gestione della trasparenza amministrativa. Oggi però sono tutti pronti a dire che questo Consiglio è utile, che sta salvando l’Ente. Mentre questo Consiglio, in realtà, è l’espressione di quella stessa maggioranza eccessiva che ha sempre governato, perché l’80% dei voti, si sa, dà alla testa di chi gestisce il potere. Per cui, si è fatto tutto e il contrario di tutto. Si è millantato un Ente che stava in piedi, che era solido, ma che a fine consiliatura non si è rivelato tale. É il fallimento del centrodestra. Oggi tutti i nodi vengono al pettine. E c’è pure chi scappa perché la nave sta affondando. Credo che tutto ciò sia ingiustificabile agli occhi delle persone, che ritengono appunto questo Ente inutile proprio perché è stato abbandonato.
Un giudizio invece sulla gestione della Liotta?
Il Commissario è arrivato per approntare un piano che possa evitare il dissesto economico. Il suo è un ripianamento esclusivamente tecnico, in linea con le politiche dei tecnici che stiamo vivendo a tutti i livelli. Noi di politico abbiamo detto una cosa rispetto al piano di rientro e all’azione del Commissario, e crediamo pure che sia stata recepita degnamente. Ovvero: la ricerca della trasparenza, delle verità che sono state nascoste in questi anni dalla giunta Castiglione in questo Consiglio provinciale. E su questo abbiamo sentito dire al Commissario che le carte verranno mandate alle procure competenti proprio per accertare i fatti. Questo è un atto politico davanti al mare di tecnicismo che il Commissario si è intestato da tempo.
E un bilancio sul vostro gruppo. Quali sono i risultati della convivenza tra comunisti e Idv?
Ha portato ad una convergenza di opposizione a quelle che sono le politiche intercettate da questo centrodestra, e che spesso erano figlie di politiche più grosse della stessa Provincia regionale. Penso al centro Cara di Mineo, lì il terminale di interessi politici rappresentato da Castiglione ci ha visto compatti in un ‘no’ forte. Che era sia un ‘no’ alla questione immigrazione, così come è stata gestita dal governo Berlusconi; sia ‘no’ poi alla gestione fattiva che l’Ente attuatore, la Provincia, ha portato avanti.
Nei scorsi giorni un imprenditore, proprio sotto il Palazzo dei Minoriti, ha minacciato di darsi fuoco. Qual è la vostra preoccupazione per il mondo del lavoro?
Noi delle questioni del mondo del lavoro, delle sua tutela, ma anche della difesa di chi non ce l’ha, ne facciamo un motivo di rappresentanza. La cosa grave che tocca la società italiana è il rischio di cadere in uno stato di povertà dalla quale però non scatterà quella molla utile ad un riscatto collettivo. Ultimamente assistiamo a scioperi solitari sui tetti, a manifestazioni di escandescenza legittima come quella a cui fa riferimento lei, che sono specchio di situazioni individuali che rischiano certamente di peggiorare di giorno in giorno. Noi speravamo, sulla scorta della nostra tradizione culturale, che tutto ciò si trasformasse invece in una mobilitazione collettiva, che potesse mettere in discussione le regole di questo mondo e la possibilità d’immaginare una società diversa, con il lavoro come elemento di arricchimento delle capacità del singolo, e non come motivo di ricatto politico continuo nella gestione dell’esistente.
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02 Gennaio 2013, 09:30