Anziano bruciato vivo | In carcere i presunti colpevoli

di

14 Gennaio 2017, 15:39

3 min di lettura

SIRACUSA- Restano in carcere i due presunti autori dell’omicidio di don Pippo Scarso, l’anziano dato alle fiamme nella sua abitazione la notte del primo ottobre, a Siracusa, e morto dopo 75 giorni di agonia al Cannizzaro di Catania. Il tribunale del Riesame ha confermato la misura cautelare in carcere per il diciottenne Andrea Tranchina e per il ventenne Marco Gennaro, respingendo l’istanza di scarcerazione con la quale i legali dei due giovani chiedevano una misura meno afflittiva: gli arresti domiciliari. La sentenza è stata trasmessa stamattina ai due legali, dopo l’udienza di mercoledì scorso al tribunale della libertà di Catania. Per depositare le motivazioni il tribunale si è preso il termine massimo previsto dalla norma: 45 giorni. Decisione ampiamente attesa, quella di confermare il carcere per i due, anche se entrambi i legali sono convinti della sussistenza di margini affinché ai due giovani venga concessa una misura meno afflittiva. Per questa ragione, attese le motivazioni, ricorreranno in Cassazione. Il provvedimento di custodia cautelare in carcere per i due era stato emesso dal Gip del tribunale di Siracusa Carmen Scapellato lo scorso 21 dicembre. Come si ricorderà Tranchina e Gennaro sono accusati di omicidio in concorso: per la Procura di Siracusa sarebbero stati loro a procurare la morte dell’anziano dandogli fuoco in casa sua al culmine di una escalation di tre condotte moleste. Secondo i legali i due non volevano uccidere. Negli interrogatori di garanzia, intanto, sono emersi alcuni distinguo: Gennaro si è dichiarato innocente, avrebbe partecipato all’incursione a casa dell’anziano ma non avrebbe armeggiato lui con il liquido infiammabile. Dettagli che semmai un processo, in futuro, scandaglierà. Intanto c’è in ballo la richiesta di misure cautelari meno afflittive. Per il legale di Tranchina, Giampiero Nassi, che sottoporrà le sue ragioni anche in Cassazione, non ci sarebbero per il suo assistito le ragioni di misura cautelare in carcere: né il pericolo di fuga, né la reiterazione del reato. “Non ha patente – ha spiegato ai giudici del Riesame – né passaporto (e non gli verrebbe rilasciato); non ha risorse economiche per ipotizzare possibilità di sottrarsi autorità giudiziaria. Per l’altra misura di esigenze cautelari, reiterazione del reato, se definiamo la vicenda nell’ambito di bullismo ritengo che sia impossibile che si riverifichino le stesse condizioni: ragazzi con poco sale in zucca, un soggetto ottantenne preso di mira e una escalation che sfugga di mano”. Il diciottenne Tranchina è detenuto nel carcere siracusano di Cavadonna dal 17 dicembre. Marco Gennaro, ventenne, è stato arrestato solo il 5 gennaio scorso al suo arrivo dagli Usa alla scadenza di un visto per turismo e tradotto al carcere di Civitavecchia. Da lì si è professato innocente durante l’interrogatorio di garanzia, che si è svolto lunedì 9. Proprio questo dettaglio, di un interrogatorio svolto a ridosso dell’udienza del Riesame e di un verbale giunto allo stesso tribunale – secondo il difensore Aldo Ganci – “in maniera intempestiva e inadeguata”, ha determinato la richiesta di ritiro del provvedimento di custodia (quindi la scarcerazione) per Gennaro. Un vizio formale. Ma dopo una breve camera di consiglio, durante l’udienza di mercoledì, i giudici catanesi del Riesame hanno rigettato la richiesta. Il legale la riformulerà in Cassazione.

Articoli Correlati

Pubblicato il

14 Gennaio 2017, 15:39

Condividi sui social