10 Maggio 2012, 18:23
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L’inquietante spettro dell’apparentamento tecnico serpeggia da due o tre giorni, più o meno sotto traccia, nel dibattito politico palermitano. Ha cominciato a circolare sottovoce, come certe ciance di paese in accalorati crocicchi. Finché qualcuno non lo ha portato alla scoperto, vuoi per auspicarlo, vuoi per giurare di non volerne sentire parlare.
Per spiegarlo in poche parole a chi non cala la pasta con la politica, l’apparentamento “tecnico” sarebbe quel cavillo permesso da uno spiraglio della legge elettorale, per il quale se delle liste che, sommate tra loro, al primo turno hanno ottenuto almeno il 50 per cento si alleano a sostegno di un candidato si evita che l’altro candidato vincendo assicuri alle proprie liste il premio di maggioranza. Per fare un esempio concreto: se Pd, Mpa, Pdl e Pid si apparentano su Fabrizio Ferrandelli contro Leoluca Orlando, quest’ultimo, anche se vince, si scorda il premio di maggioranza. Tutto questo anche se l’apparentamento è appunto solo “tecnico”, cioè se i partiti che si alleano in realtà sono tutt’altro che veri alleati e firmano un pezzo di carta solo per portare a casa qualche consigliere comunale in più.
Ecco, vogliamo dirlo con chiarezza: anche solo sentire parlare di quest’ipotesi non ci piace. E ci auguriamo che i partiti ci risparmino quest’ultima porcheria. Perché di questo stiamo parlando. Di una furberia da leguleio, di un trucchetto da azzeccagarbugli, sul solco del ben noto adagio “fatta la legge trovata l’inganno”. Una forma di “elusione normativa” che ricorda la furbata delle liste civetta escogitata all’epoca dai partiti per eludere le norme del mattarellum sullo scorporo.
C’è chi argomenta: non funziona una legge che a Palermo in caso di vittoria di Leoluca Orlando assegnerebbe 30 consiglieri su 50 all’Italia dei Valori, partito che col 10 per cento dei voti incasserebbe il 60 per cento dei seggi. Sì, probabilmente è vero, una legge pensata così ha qualcosa che non va. Ma sono stati i partiti a scriverla così e a votarla. E non la si può stravolgere a proprio piacimento solo perché adesso non fa più comodo. La norma a cui qualcuno vorrebbe aggrapparsi con il famigerato “apparentamento tecnico” ha un senso se dietro l’accordo dei partiti esiste un’intesa politica, autentica. Se il tutto si riducesse invece a una grande ammucchiata tra soggetti politici che tra loro si evitano come la scabbia, il patto assumerebbe i contorni della farsa, uno di quegli spettacoli incomprensibili per i cittadini, uno di quei bizantinismi che allontanano la gente dai partiti, accrescendo la già siderale distanza tra la vita vera, quella delle persone in carne e ossa, e i giochini del Palazzo.
Risparmiatecela quest’ennesima assurdità. E se la legge non vi piace, cambiatela in Parlamento. Magari chiedendo agli uffici, all’indomani, di fare chiarezza su ogni suo punto prima del voto e non durante lo spoglio, come è accaduto tra lunedì e martedì, con lo spettacolo deprimente di una Regione confusa e impreparata, che a mezzanotte proclama un sindaco, a mezzogiorno gli toglie la fascia e alle sei del pomeriggio gliela rimette, come in una comica di Stanlio e Ollio. Che purtroppo non fa ridere nemmeno un po’.
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10 Maggio 2012, 18:23