31 Gennaio 2013, 07:49
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PALERMO – La pratica Aps, adesso, è nelle mani del comune di Palermo. Acque potabili siciliane, la società che conta 205 dipendenti e gestisce il servizio idrico per 52 comuni della Provincia, dal febbraio del 2012 è in amministrazione straordinaria per gravissimi problemi finanziari che mettono rischio posti di lavoro e servizi essenziali. Ed entro il 31 marzo bisognerà trovare un soggetto che subentri ad Aps, o l’azienda è pronta a consegnare le chiavi del sistema alla Prefettura provocando una vera e propria emergenza.
Per questo ieri il ministero per lo Sviluppo economico ha convocato a Roma la società, il presidente della Provincia Giovanni Avanti, che è anche a capo dell’Ato idrico 1, il vicesindaco di Palermo Cesare Lapiana e la Regione siciliana, che però non si è presentata. Una presenza, quella del comune capoluogo, che conferma la tesi che vorrebbe nella partecipata Amap la destinataria della gestione del servizio, almeno per una prima fase transitoria e forse anche per il dopo.
Una prospettiva, questa, che non entusiasma di certo i vertici di piazza Pretoria: il Comune ha i suoi già ben noti problemi con le proprie partecipate, Gesip e Amia in testa, e di tutto avrebbe bisogno meno che di altri 205 dipendenti e della gestione del servizio idrico di 52 comuni. Ma Palazzo delle Aquile, un po’ a sorpresa, non ha risposto subito picche.
“Ci siamo aggiornati al 10 febbraio – dice Avanti – abbiamo ipotizzato un percorso e messo in evidenza una serie di fattori che vanno verificati da Lapiana sul piano economico-finanziario. L’ipotesi che stiamo perseguendo è quella dell’affidamento provvisorio ad Amap, che potrebbe anche diventare il gestore definitivo. Il comune di Palermo non ha detto no a priori, ma si è riservato di verificare una serie di fattori che abbiamo evidenziato”.
Insomma, Palazzo delle Aquile sarebbe possibilista sull’eventualità di farsi carico della patata bollente, anche se non mancano i problemi al riguardo. Il capoluogo siciliano, infatti, in quel caso sforerebbe il patto di stabilità e le leggi che gli vietano nuove assunzioni, a meno di apposite deroghe ministeriali.
“E’ vero, la normativa vigente impone alcune limitazioni – spiga Avanti – però in questo caso si tratterebbe di farsi carico di nuovi servizi che richiederebbero altro personale, il che è previsto dalla legge. Attendiamo quindi le verifiche del Comune, che se saranno negative ci imporranno di individuare altre soluzioni entro il 31 marzo”.
Ma che vantaggio avrebbe piazza Pretoria dall’accettare la transazione? Secondo alcune indiscrezioni, in un futuro assai prossimo il legislatore potrebbe imporre ai comuni di vendere almeno le quote di minoranza delle partecipate: un escamotage per far cassa rispettando l’esito del referendum sull’acqua e le sentenze della Cassazione, che impediscono di privatizzare i servizi. E in quel caso vendere il 49 per cento delle quote di un’azienda che gestisce il servizio idrico di 53 comuni, come l’Amap, sarebbe diverso che venderle di una società più piccola per bacino d’utenza e fatturato. Ma questo sarebbe solo uno dei ragionamenti che si stanno facendo in queste ore nel capoluogo, che andrebbe confrontato con tutti i pro e i contro dell’operazione: il Comune chiederebbe comunque rassicurazioni sul via libera da parte di un congruo numero di enti locali in Provincia che garantisca gli introiti, facendo andare in porto l’operazione.
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31 Gennaio 2013, 07:49