19 Febbraio 2010, 18:21
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Le note della nona di Beethoven, uno stupro collettivo e selvaggio, un occhio che invita il lettore a guardare. A guardare la violenza, a non voltarsi dall’altra parte. Una delle scene più famose del capolavoro di Stanley Kubrick, Arancia meccanica, è diventata realtà. A Palermo. E dalla pellicola alla vita lo scarto è netto. La violenza non è più solo narrata, descritta. Ma vissuta, patita. L’occhio che guarda è diventata la mano, il corpo “che fa”.
Violenza gratuita, ossessiva. Lui e lei sono giovani universitari. Si sposano nel 2003. Dopo due anni, lui la lascia per un’altra. Ma durante i due anni di matrimonio il giovane costringe ripetutamente la propria donna a ripetere quella scena. Con tanto di insulti e minacce. Con un’attenzione per i particolari che non risparmia nemmeno i capi d’abbigliamento, o il sottofondo musicale. Sempre quello, Beethoven, che dà anche il nome alla Cura Ludovico, quella che consentirà ad Alex (A-lex, senza legge), protagonista del romanzo di Anthony Burgess da cui è tratto il film, di “liberarsi” dalla violenza attraverso un’overdose di violenza, “iniettata” attraverso gli occhi.
Ma la storia dei due giovani palermitani non è un film. Lui non è A-lex, e qui la legge è intervenuta, invece. In secondo grado, dopo che la prima pronuncia della Corte aveva assolto il giovane. Condannato, stavolta, in appello. A un anno e mezzo di reclusione per violenza sessuale e maltrattamenti. A smascherarlo sono state le domande del legale della donna, l’avvocato Ermanno Zancla, a cui l’imputato ha risposto dimostrando di conoscere quasi a memoria la pellicola di Kubrick, dopo aver affermato, al contrario, di aver visto il film solo una volta. Alla tesi dell’uomo aveva creduto il gup di Palermo, Giuseppe Sgadari, che in primo grado lo aveva assolto con la formula “perché il fatto non sussiste”. Il risarcimento, che sarà quantificato in sede civile, sarà devoluto a un’ associazione a tutela delle donne abusate e maltrattate, “Le onde Onlus” di Palermo.
E la solidarietà in questa storia dura e assurda, c’entra, eccome. Perché la denuncia della donna maltrattata è scattata non durante i due anni di abusi matrimoniali. Ma qualche tempo dopo, quando ha visto il suo ex “Drugo”, accompagnare una ragazza audiolesa, del quale il giovane era tutor. Perché la violenza patita, forse è sopportabile. Quella immaginata, paventata, temuta per un’altra persona, non lo è. E per una volta ha convinto a non voltarsi dall’altra parte.
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19 Febbraio 2010, 18:21