Arresti, condanne e scarcerazioni |La Kalsa fortino degli Abbate - Live Sicilia

Arresti, condanne e scarcerazioni |La Kalsa fortino degli Abbate

Mafia, droga, armi, estorsioni: nel curriculum mafioso nulla manca alla famiglia che da decenni comanda nel quartiere

PALERMO – Se c’è un blitz alla Kalsa la probabilità che ci sia di mezzo un membro della famiglia Abbate è una ragionevole certezza. Lo dice la cronaca degli ultimi vent’anni.

In questi giorni è toccato ad Ottavio Abbate, coinvolto nel blitz antidroga dei carabinieri. La nuova ordinanza di custodia cautelare lo raggiunge in carcere. Cinquantatré anni, una buona fetta dei quali vissuta in cella. Lo arrestano, lo condannano, lo scarcerano e lo arrestano di nuovo. E così non sorprende vederlo negli scatti dei carabinieri che lo pedinavano alla Kalsa. Si muoveva ostentando sicurezza e tranquillità per le strade del rione palermitano dove incontrava amici, compari e tossicodipendenti a cui vendeva la droga.

Già due anni fa si era scoperto che Ottavio Abbate, come dicevano gli investigatori, aveva creato alla Kalsa una “struttura militarmente organizzata” per gestire lo spaccio di droga.

La Kalsa è il suo regno, anzi, il loro regno. In principio c’era Luigi, fratello di Ottavio, che si porta dietro il soprannome “Gino ‘u mitra” per la sua dimestichezza con le armi. Mafia, droga, armi, estorsioni: nel suo curriculum nulla manca. L’ultima condanna la finirà di scontare nel 2016. Chissà se il carcere lo avrà rieducato.

Lunga la sfilza di precedenti anche per gli altri fratelli Pietro, Natale, Rosolino. Solo Pietro è detenuto perché coinvolto nel blitz che lo scorso dicembre ha stoppato la riorganizzazione di Cosa Nostra, a cominciare dalla convocazione della nuova cupola. Anche i nipoti hanno avuto i loro guai giudiziari. Su tutti Antonino Abbate che è stato reggente della famiglia di Borgo Vecchio, altra zona su cui hanno esteso il loro potere, ed è imputato per l’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà.

Ed è proprio nel corso di un’udienza di questo processo che andò in scena un siparietto. “Non sei nessuno”, disse Antonino Abbate all’agente di polizia penitenziaria che lo invitava a cambiare cella. Il boss del Borgo Vecchio rincarava la dose: “Scendi dal piedistallo. Non sei nessuno, io posso permettermi di annacarmi perché ho la patente per annacarmi e se mi sposto è perché mi voglio spostare io e non perché me lo dici tu”. 


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