08 Ottobre 2010, 01:42
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L’agenzia Ansa ha battuto ieri sera: “Un messaggio trasmesso tramite sms che ha come mittente ‘Totò Cuffaro’ invita a partecipare all’iniziativa organizzata a Palermo “Nascono i Popolari di Italia domani” (Pid), in programma il prossimo 11 ottobre al teatro Zappalà. “Diventa anche tu protagonista della nuova avventura e partecipa”, si legge nel messaggio telefonico. Il mittente riporta il cognome del senatore Cuffaro, che negli ultimi giorni, in più d’una occasione replicando a esponenti politici che lo tiravano in ballo, ha sostenuto “che già da qualche tempo ho scelto di essere lontano dalla politica attiva”, decisione assunta per seguire le vicende giudiziarie che vedono l’ex presidente della Regione siciliana imputato a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa, dopo la condanna per favoreggiamento a Cosa nostra”.
Ecco, si tranquillizzino i cuffariani di rito ortodosso. Lo dice l’Ansa, non lo scriviamo noi, tacciati giù di perfido e interessato anticuffarismo. Due le ipotesi. Si tratta di un falso. Qualcuno sta sfruttando un nome onorato per farsi promozione col suo marchio. Onorato? Sì. In Sicilia, mafia e antimafia sono concetti labili e deboli. Cosa c’è di meglio di un politico “caldo” e simpatico, con l’aureola del perseguitato dai giudici? La persecuzione non sta scritta in nessuna sentenza? Ma per carità. L’hanno decisa gli elettori di Totò Cuffaro. Come dice il presidente del Consiglio: il popolo è sovrano. Perché allora limitare questa sovranità? Perché il popolo non può decidere chi è colpevole e chi no? Chi alla forca, chi alla libertà? Lo stesso ragionamento varrebbe nel caso in cui quel messaggino fosse autentico e ispirato, non solo magari tollerato, davvero e direttamente dal mittente. Poco importa, in fondo. Nel caso sarebbe la politica che insegue Cuffaro, non il contrario. Assolto.
Perché tanti siciliani amano Cuffaro e continuano a onorare il suo nome? Non solo per il tratto gentile, per la viva cordialità e la bontà personale di cui siamo testimoni e che riguarda i rapporti umani un cui l’abbiamo visto all’opera. Nemmeno soltanto per la presumibile gratitudine clientelare. Il nodo è nella sostanza della cosa. Certi siciliani amano Cuffaro perché nella controversia giudiziariadi cui è protagonista si sentono di dargli ragione. Lo considerano un eroe. E” una questione ermeneutica di lana caprina e si basa su diverse concezioni filosofiche. Ciò che i giudici tignosi chiamano mafia, per certi siciliani è semplicemente amicizia. Un valore da difendere e tramandare.
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08 Ottobre 2010, 01:42