31 Gennaio 2013, 20:34
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PALERMO – Restituire le indennità? Pura demagogia. I deputati regionali non ci pensano affatto. Persino nel giorno in cui la seduta d’Aula dura una mezz’ora circa. E il Dpef si arena nuovamente contro le secche del numero legale. Che manca, anche oggi. Tutto rinviato al sei febbraio. Il giorno dopo, l’Aula chiude. Fino al 28. C’è campagna elettorale. Un intervallo ritenuto comunque eccessivo da alcuni parlamentari.
“Sarebbe il caso – commenta ad esempio Vincenzo Vinciullo, del gruppo Pdl – di tenere l’Aula aperta fino a una settimana prima delle elezioni. Sette, dieci giorni per la campagna elettorale sono più che sufficienti. Le elezioni – aggiunge – non possono essere un handicap per la Sicilia, ma devono essere una risorsa. E di fronte alle tante emergenze sarebbe il caso, e lo chiederò, di non sospendere i lavori per un tempo così lungo”. Della stessa idea è il capogruppo del Movimento cinque stelle Giancarlo Cancelleri. “In conferenza dei capigruppo – racconta – ci eravamo opposti a questa decisione. Assolutamente sbagliata. Non si possono interrompere i lavori per un tempo così lungo. L’indennità? Noi abbiamo già fatto quello che bisognava fare. Non posso chiedere agli altri di rinunciare allo stipendio”. Gli fa eco il vicepresidente dell’Ars Antonio Venturino: “Abbiamo detto che per noi quello stop era troppo lungo. Noi abbiamo fatto finora la nostra parte. Cosa dovrebbero fare gli altri, non posso essere io a dirlo. Ma vedo bei segnali: il parlamento si sta un po’ ‘grillizzando’”.
Ma secondo molti deputati, l’Aula non sarebbe l’unico luogo nel quale il deputato compie il proprio dovere. “Il 6 febbraio – dice Alice Anselmo – in prima commissione arriva il ddl sulle province. Lei crede che nei giorni successivi non seguirò l’iter?”. Marcello Greco, presidente della Commissione cultura, poi, spiega: “Nella commissione che presiedo facciamo quattro audizioni al giorno. Semmai, inviterei il governo a produrre i ddl che oggi ancora non sono arrivati in assemblea”. Cade dalle nuvole, invece, Nello Dipasquale: “Non sapevo di questa interruzione. Ma le domande andrebbero rivolte al presidente dell’Ars. Io lavoro 24 ore al giorno. All’Ars, o altrove”. Per Edy Tamajo, invece, lo “stop” dell’Ars “non va strumentalizzato, cavalcando l’onda dell’antipolitica. Non è uno scandalo. Ma certamente la decisione andava maggiormente concertata”. Insomma, altro che indennità.
Secondo Santi Formica, tra l’altro, lo stop reale “è di circa quindici giorni, considerato che il 24 si vota. E credo sia un periodo ragionevole. Anche perché va ricordato che tra i protagonisti di queste elezioni – aggiunge – c’è anche il presidente della Regione, che sarà impegnato più in campagna elettorale che nel governo della Sicilia. L’indennità? Non esageriamo. Così si rischia di fare di tutta l’erba un fascio, e mettere la gente perbene, che lavora, insieme a fannulloni e malfattori”. Da Enzo Figuccia, però, del Partito dei siciliani, arriva una proposta in controtendenza: “Oggi il nostro gruppo, che ha chiesto la verifica del numero legale, ha dimostrato che siamo ormai in piena campagna elettorale. Per questo chiediamo che si emetta un provvedimento sospensivo. Che, insomma, si chiuda l’Assemblea. Risparmiando così su tutti i costi riguardanti la gestione del Palazzo. Diciamo la verità: non stiamo producendo nulla. Sulla rinuncia all’indennità, io sono d’accordo in linea di principio. Ma la decisione non può essere demandata a un singolo parlamentare o gruppo. Lo decida il governo, dia un segnale in questo senso”.
Per Michele Cimino, invece, è “un errore interrompere i lavori parlamentari. Ma sono sempre stato e resto contrario alle iniziative demagogiche e populistiche”. Insomma, non parliamo di indennità. Della stessa opinione Francesco Scoma, che sarà impegnato personalmente per l’elezione al Senato: “Di fatto l’Aula si ferma solo per 15 giorni. Mi sembra normale, considerata l’importanza e incertezza di queste elezioni. E comunque, il governo non sta portando in Aula alcun provvedimento. Quindi finiamola con le polemiche strumentali e ripetitive: negli ultimi quattro anni lo stipendio dei deputati è stato ridotto di quasi cinquemila euro”. “Fino al 28 febbraio – spiega Nino Dina, presidente della commissione bilancio – non arriverà dal governo alcun documento contabile e finanziario. E non è una novità: la scelta di andare verso l’esercizio provvisorio nasceva proprio dall’esigenza di avere, durante i lavori sul bilancio, un interlocutore chiaro e forte a Roma. Rinunciare all’indennità sarebbe assurdo: il nostro lavoro non si limita all’Aula. Per conoscere i problemi da portare in Assemblea, bisogna stare sul territorio. È quello che faranno molti deputati durante questo periodo di stop dei lavori a Sala d’Ercole”.
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31 Gennaio 2013, 20:34