04 Ottobre 2017, 18:10
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PALERMO – L’unica consolazione, forse, sta in quell’errore materiale che le ha fatto “risparmiare” diecimila euro. Ma per Giulia Adamo ecco un’altra “stangata”. La Sezione giurisdizionale d’Appello della Corte dei conti ha confermato la sentenza di primo grado, condannando l’ex parlamentare a risarcire oltre 65 mila euro all’Ars per le cosiddette “spese pazze” all’Ars. Una condanna definitiva giunta per le spese compiute nella scorsa legislatura, scrive la Corte, in qualità di capogruppo di Futuro e Libertà (in realtà in quel periodo la parlamentare era a capo del gruppo denominato Pdl Sicilia) dove la Adamo approda nel novembre del 2009 e che si aggiunge a quella in primo grado, da 175 mila euro, dovuta alle spese compiute quando l’ex deputata marsalese era invece capogruppo dell’Udc, ruolo ricoperto una volta lasciato Fli nel novembre del 2010 fino all’agosto del 2012.
Insomma, una nuova condanna dovuta, in quest’ultimo caso, principalmente a “erogazioni a singoli deputati”. Si tratta in particolare di trasferimenti di denaro pari o a oltre 53 mila euro che la Adamo, in qualità di capogruppo, ha destinato ai colleghi parlamentari. Spese non regolari, secondo la Corte dei conti che parla di “un’erogazione a pioggia” che di fatto garantiva “ai deputati un’indennità aggiuntiva e non prevista dalle regole dell’Assemblea”. La contestazione della Procura, in realtà, era assai più pesante. Ma molte di quelle spese, pari a circa 100 mila euro, sono finite in prescrizione. Tra queste, 72 mila euro erano soldi destinati proprio ai deputati regionali di Fli.
Il resto della somma contestata è relativa invece alle “spese per ristoranti”: tolte quelle finite in prescrizione, le spese irregolari e da restituire ammontano a 1.650 euro. A quasi duemila euro ammonta invece la restituzione richiesta per le spese che rientrano nella categoria “regali”. Tra queste, sono finiti in prescrizione gli acquisti da Louis Vuitton, per 440 euro. Rimane tutto il resto: l’acquisto di tre bottiglie di vino (300 euro in tutto) andate in regalo a un collega, e l’acquisto di un boccale d’argento da 1.690 euro acquistato come regalo di nozze per il figlio di un onorevole. Oltre 7 mila euro sono invece stati spesi in maniera irregolare alla buvette dell’Ars (prescritti quasi 9 mila euro), e 694 euro (mille euro prescritti) per necrologi.
“La responsabilità dell’onorevole Adamo – scrive la Corte dei conti – è quella propria di chi, come singolo soggetto fisico, avendo comunque conseguito la materiale disponibilità del denaro (attraverso i contributi percepiti), ne abbia in qualche modo fatto un uso non accorto, contravvenendo alla corretta destinazione delle risorse gestite, in violazione dei principi generali di contabilità e delle norme disciplinanti la contribuzione pubblica ai Gruppi stessi”. Un comportamento che, secondo la Procura generale non può essere giustificato secondo la teoria secondo cui “si è sempre fatto così”. Quel comportamento, precisano infatti i magistrati contabili “ non può ritenersi connotato da assenza di colpa grave in quanto fondato su una prassi diffusa prima del 2012, come pure sostenuto dall’appellante. Le prassi, infatti, – si legge nella sentenza – hanno valore quando sono legittime, nel senso che servono a regolamentare comportamenti parimenti legittimi privi di riferimenti normativi procedurali, ma non possono essere prese in considerazione al fine di giustificare comportamenti illegittimi”.
Insomma, una nuova amarezza per l’ex deputata, la condanna a 65.554 euro che si aggiunge alla stangata da 157 mila euro arrivata in primo grado e mitigata solo da uno “sconto”, giunto in maniera del tutto casuale. Il danno addebitabile alla Adamo, scrive la Corte dei conti, era infatti pari a 75.881 euro, ma il giudice di primo grado, “probabilmente per un errore materiale” ha contestato una somma di 65 mila euro. Una somma non più “appellata”. L’unica consolazione, quel risparmio da diecimila euro.
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04 Ottobre 2017, 18:10