19 Gennaio 2014, 19:27
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PALERMO – Il loro destino sembrava segnato. E invece, diradatasi la polvere della Finanziaria, sono ancora lì. Vivi, vegeti. In alcuni casi, persino risorti. Erano simboli dello spreco. Enti inutili. Soldi buttati. Per il governo, insomma, andavano chiusi, aboliti, cancellati. E le buone intenzioni, ovviamente, sono state anche sbandierate ampiamente in tv nazionali e giornali locali. L’Arsea, il Cerisdi. L’Esa, le Province. E persino qualche partecipata pronta alla chiusura. No, sono ancora tutte lì.
Miracoli della manovra. Che concede un’amnistia a sorpresa a enti condannati a morte. E il salvataggio poggia sulle motivazioni più disparate. E, spesso, difficili da distinguere. Quelle reali, a volte, si nascondono dietro le spiegazioni di facciata.
È il caso dell’Arsea, appunto. Un ente che dovrebbe occuparsi delle contributi agli agricoltori. Un ente inutile, appunto. Servito solo per stanziare indennità ai direttori generali (nessuno di loro però avrebbe alla fine ricevuto quegli stipendi), pagare affitti in edifici vuoti. Il caso dell’Arsea, raccontato un paio di anni fa da Livesicilia fece il giro d’Italia. E pochi giorni dopo l’arrivo di Crocetta a Palazzo d’Orleans fu ripreso anche dalla trasmissione Rai “L’Arena”, a lungo frequentata dal governatore. Che in quel periodo non nutriva alcun dubbio: “L’Arsea è uno scandalo. Va chiusa”. Ma i tempi cambiano. E anche le opinioni. È bastato – stando alle stesse dichiarazioni del presidente – qualche colloquio con gli agricoltori e persino con i Forconi. In entrambi i casi sarebbe stata sottolineata l’importanza di un ente come quello.
Nonostante dalla sua creazione (il 2006) quell’ente non avesse mai funzionato. Nessuno sa, insomma, se servirà davvero. Ma è bastata una chiacchierata con agricoltori e Forconi, insomma, per convincere il governatore a decidere diversamente da quanto gli avesse chiesto tutta Sala d’Ercole. L’Aula, convinta sostenitrice – in schieramento ampio e bipartisan – dell’inutilità dell’Arsea. Al punto da avanzare un Ordine del giorno che impegnava il governo a chiuderlo. Dopo qualche settimana e qualche titubanza, addirittura l’assessore alle Risorse agricole Dario Cartabellotta fu chiamato a riferire in Parlamento dei ritardi sulla liquidazione dell’ente e sulla scelta di finanziarlo ulteriormente. La risposta, in sintesi fu: “Stiamo solo garantendo i servizi essenziali. Ma la decisione del governo non è cambiata: chiuderemo l’Arsea”.
E invece, niente di fatto. L’Arsea rimane in piedi. Con uno stanziamento di 200 mila euro. “Ovviamente – ha spiegato Crocetta – non si può pensare che l’ente funzioni con quella cifra. Ma vogliamo verificare se l’Arsea è in grado di attrarre finanziamenti extraregionali con i quali, magari, pagare i dipendenti”. Duecentomila euro, per partire. Poi si vedrà. Intanto l’Arsea resta in piedi. E al di là delle spiegazioni del governo, in tanti hanno pensato che il manitenimento in vita dell’Agenzia fosse legato alle trattative portate avanti dal governatore durante la Finanziaria. È noto infatti come il mantenimento dell’Arsea stesse a cuore all’Mpa-Partito dei siciliani. E in quei giorni, al presidente servivano i numeri per blindare la Finanziaria. Eccola, la resurrezione dell’ente inutile.
Che poi, in Sicilia, c’è pure qualche ente che ha, negli anni, acquisito la brillante qualifica di “carrozzone clientelare”. Un su tutti: l’Ente di sviluppo agricolo. Costa parecchio: circa 30 milioni di euro l’anno. È poco efficiente. Ma non è stato sfiorato dalle forbici del governo. Nonostante le insistenti richieste provenienti dall’opposizione. “Ci abbiamo pensato – ha spiegato il governatore – ma ci siamo resi conto che rischiavamo di imbarcarci in un processo liquidatorio lungo e complesso, simile a quello ancora non concluso dell’Eas”. Così, l’Esa rimane in piedi. Il caso vuole che a guidarla adesso sia Francesco Calanna, commissario voluto dal governatore, e impegnato in una febbrile attività di denuncia in Procura sulle gestione dei terreni dell’ente. Calanna, sempre per la cronaca, è stato un attivo militante del Megafono alle ultime elezioni. Direttore generale dell’Esa, invece, è Maurizio Cimino. Cugino del deputato Michele, ex berlusconiano “convertito” alla rivoluzione crocettiana.
Ma il vero miracolo è quello che nessuno s’aspetta. Ma nel quale tanti speravano e sperano ancora. Le Province infatti sarebbero già state cancellate dalla legge. Ma il condizionale è d’obbligo. Perché oltre al ritardo sull’approvazione della norma che dovrà decidere, una volta sciolte, cosa fare dell’Ente, ecco che in Finanziaria spunta un articolo che inizialmente prevede un finanziamento di 10 milioni. Ai quali, in Aula, se ne aggiungeranno altri dieci. “Questo dimostra – ha commentato ad esempio Nello Musumeci durante i lavori della Finanziaria – che quell’ente è utile, necessario”. E dopo lo stop sancito dall’Aula alla proroga dei commissari adesso il tempo stringe. E il clima non è buono. L’Udc, attraverso il segretario regionale Pistorio ha avvisato: “O le Province si cancellano del tutto, o si lascia tutto com’è”. Cioè, le Province potrebbero risorgere.
Altro simbolo dello spreco, secondo l’attuale governo, è invece il Cerisdi. Sulla cancellazione dell’ente dai finanziamenti regionali si è innescata una polemica furiosa. Ma anche in quel caso, il presidente della Regione era stato apparentemente netto. Categorico. “Il Cerisdi – dichiarò Crocetta – è uno dei classici enti mangiasoldi che volevo mettere in liquidazione con la finanziaria scorsa e che l’aula ha salvato con una serie di emendamenti finanziari a favore. Doveva fare alta ricerca, con un castello bellissimo donato in comodato d’uso dalla Regione e invece ha organizzato splendide cerimonie nuziali in una cornice di grande suggestione. Per carità nessuno scandalo, più gente si sposa meglio è, cresce la popolazione siciliana, ma non si capisce perchè noi dobbiamo dare soldi per tale finalità. Valuteremo se esistono le condizioni per il commissariamento e avviare la liquidazione, in modo da restituire il castello alla pubblica fruizione”.
E dopo le dimissioni dell’allora presidente Adelfio Elio Cardinale, Crocetta rispose con sarcasmo: “Si è dimesso? Alleluia alleluia”. Ma anche in questo caso, i propositi del governo sono rimasti sulla carta. Al Cerisdi, stando all’articolo 18 della Finanziaria, andranno 400 mila euro per il solo 2014. Ma anche in questo caso, la giustificazione del presidente è pronta: “Il Cerisdi lo avrei chiuso subito. Ma gode di un ampio consenso in parlamento”. Insomma, la colpa è dei soliti deputati scialacquoni. Come se una maggioranza non ci fosse. Come se l’annuncio del governatore contasse nulla.
E intanto, ecco la “epocale” riforma delle società partecipate. Una riforma che – anche a detta degli stessi esponenti del governo – non porterà i risparmi indicati dal governatore, poche ore dopo il proprio insediamenti, in cifre a nove zeri: “Chiuderemo le partecipate e risparmieremo un miliardo di euro”. Poi, in realtà, nei progetti del governo i tagli avrebbero dovuto salvare pima due, poi, cinque, poi sei partecipate. Fino alle nove giunte infine a Sala d’Ercole. Tutte le altre saranno chiuse. Ma anche in quelle ore, ecco altre resurrezioni. Il Mercato agroalimentare, caro a larghe fette di centrodestra catanese, è rimasto in vita. “Si tratta di una società troppo ‘peculiare’ per essere fusa con altre”. E lo stesso vale per Sicilia e-Servizi, dove Crocetta ha inviato anche un liquidatore di peso come Antonio Ingroia. Ma la società non verrà più liquidata. E l’ex pm può già prepararsi al cambio di veste: da commissario a presidente.
E giusto per restare in temi di proclami, qualcuno è convinto di avere visto, in giro per la Finanziaria, persino la Tabella H. Quella che il governatore “avrebbe abolito”. Dimenticando, in realtà, che a cancellarla è stata un’impugnativa del Commissario dello Stato. E scordandosi anche di cercarla tra i vari articoli della Finanziaria. Dove adesso i pezzi della famigerata Tabella sono soltanto “sparpagliati”. E quindi, in qualche modo, risorti anche quelli.
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19 Gennaio 2014, 19:27