04 Agosto 2017, 06:00
2 min di lettura
PALERMO – L’insenatura nel muretto nascondeva un arsenale. Fucili, munizioni e persino granate custodite dentro un tubo e sequestrate dai carabinieri. Qualcuno a Favara ha deciso di alzare il tiro, armandosi fino ai denti. Resta un segreto investigativo come i carabinieri, il 25 luglio scorso, siano arrivati nel nascondiglio non lontano dal centro abitato del comune in provincia di Agrigento.
A cosa servivano le armi? L’allarme si è spostato a Palermo dove la Direzione distrettuale antimafia ha aperto un’inchiesta che mese dopo mese si arricchisce di nuovi inquietanti episodi. A Favara si combatte una guerra di mafia. Il sangue arriva fino a Liegi. In ballo ci sono grossi traffici di droga lungo l’asse Sicilia-Belgio.
I tasselli vanno sistemati uno accanto all’altro. Viene fuori un quadro sconfortante. I killer entrano in azione con una cadenza impressionante. Ammazzano e si dileguano.
Il 20 giugno scorso un altro arsenale è stato trovato nelle abitazioni di un insospettabile: Amedeo Caruana, 50 anni, di professione infermiere. Mitragliette, pistole, fucili e bombe a mano. I carabinieri si erano mossi d’intesa con il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio. Poi, è stato necessario trasferire il fascicolo alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, sotto il coordinamento dell’aggiunto Paolo Guido.
Il 24 maggio Carmelo Nicotra, 35 anni, viene raggiunto da una pioggia di fuoco. I killer imbracciano i Kalashnikov. Nicotra scampa miracolosamente alla morte. Fa il panettiere, ma va spesso in Belgio. Secondo gli investigatori, Nicotra sarebbe legato al clan Di Stefano, noto con il soprannome “Furia”.
Il 5 maggio, a Liegi, viene freddato il titolare della pizzeria “Il grande fratello”. Si chiamava Rino Sorce, aveva 51 anni ed era di Favara. Lo hanno assassinato davanti al locale poco dopo le 22.
II 26 ottobre 2016 Carmelo Ciffa, 42 anni, viene ucciso a colpi di pistola in corso Vittorio Veneto, a Favara. Originario di Porto Empedocle, ufficialmente si arrangiava facendo lavori saltuari. La mattina dell’agguato stava rimuovendo una palma secca. Nella sua fedina penale c’erano alcuni precedenti per droga ed era considerato vicino al clan Grassonelli.
Il 14 settembre 2016 un commando entra in azione ancora una volta a Liegi. Quattro colpi di pistola nel cuore della notte in un condominio del quartiere Outremeuse. La polizia belga trova il cadavere di Mario Jachelic, 28 anni, pure lui di Porto Empedocle. Assieme alla vittima c’è Maurizio Di Stefano, 41 anni, di Favara. È in fin di vita, ma se la caverà.
Il 16 febbraio 2015, a Naro, i killer uccidono Salvatore Terranova, commerciante di 58 anni, in piazza Francesco Crispi dopo che la vittima ha chiuso il suo negozio di casalinghi ed è salito in macchina per tornare a casa.
Il 27 gennaio 2015 diversi colpi di pistola raggiungono Carmelo Bellavia, 50 anni, già condannato per favoreggiamento. I sicari lo uccidono nel magazzino di via Fausto Coppi dove conserva le bibite. Era il padre di Calogero Bellavia, vivandiere di Gerlandino Messina, il capo della mafia agrigentina arrestato a Favara nel 2010.
Una lunga scia di sangue che non ha eguali. Una guerra di mafia combattuta con il piombo.
Pubblicato il
04 Agosto 2017, 06:00